di Luigi Marattin
10 PUNTI SULL’ AUTONOMIA REGIONALE (principalmente fatti; e dove ci sono opinioni, sono strettamente personali).
1) DI CHE DI TRATTA?
Tre regioni (Veneto, Lombardia e Emilia Romagna) hanno fatto richiesta – basandosi su quanto la Costituzione prevede dal 2001 – di poter gestire direttamente alcune competenze che invece al momento sono gestite o solo dallo Stato o in “concorrenza” tra Stato e Regioni.
2) IMPLICHERÀ DARE PIÙ SOLDI A QUELLE TRE REGIONI A DISCAPITO DELLE ALTRE?
Dipende.
3) DA CHE?
Da come verranno assegnate le risorse corrispondenti alle nuove competenze.
4) SPIEGATI MEGLIO, CHE NON CAPISCO
Oggi in Lombardia la funzione “istruzione” viene svolta dallo Stato al costo pro-capite di 463 euro.
Il costo medio nazionale è più alto (537 euro). Così come presumibilmente è più alto il costo standard, tuttavia non calcolato.
Se alla Lombardia verrà assegnata la funzione “istruzione”, occorre scegliere come darle le corrispondenti risorse:
a) se si usa il criterio del costo storico, la Lombardia potrà trattenere sul territorio nuove risorse pari ad una spesa pro-capite di 463 euro.
b) se si usa il criterio medio (o del costo standard), la Lombardia potrà trattenere sul territorio muove risorse pari ad una spesa pro-capite di 537 euro.
Nel caso a), l’operazione è a saldo-zero, e non cambia una virgola ne’ sul bilancio statale ne’ su quello delle altre regioni.
Nel caso b), lo Stato deve reperire risorse aggiuntive (o alzando le tasse, o diminuendo altre spese, o facendo maggior deficit).
5) E QUALE CRITERIO VERRÀ USATO?
Quello del costo storico: il criterio a) del punto precedente.
6) QUINDI LE REGIONI DEL SUD NON DEVONO PREOCCUPARSI?
No. A meno che l’Intesa non preveda che nei prossimi anni il criterio cambi e diventi quello del “costo standard”.
7) E IN QUEL CASO CHE SUCCEDE?
Beh, in quel caso occorrerebbe aprire il capitolo dei “costi/fabbisogni standard”. Che, a sua volta, non ha un “verdetto univoco” nei confronti del Sud: in alcuni casi lo avvantaggia, in altri no. Bisogna prima calcolare il fabbisogno/standard per le diverse funzioni, e poi guardare i dati.
8 ) MA IN GENERALE CHE PUOI DIRE SUI FABBISOGNI STANDARD?
Sulla base della mia esperienza (sono stato per oltre due anni Presidente della Commissione Tecnica per I Fabbisogni Standard), in questo paese tutto vogliono i fabbisogni standard (o i Livelli essenziali delle prestazioni, che non sono altro che una evoluzione dei fabbisogni) a condizione che significhi avere più soldi. Altrimenti, sono contrari.
E questo atteggiamento vale dal punto più a nord della penisola fino a quello più a sud.
9) MA TU CREDI VERAMENTE CHE IL GOVERNO ATTUALE VOGLIA APRIRE IL CAPITOLO DEI FABBISOGNI STANDARD?
Dubito. Altrimenti, dopo le dimissioni del sottoscritto (che si dimise per correttezza politica il giorno dopo il giuramento di un Presidente del Consiglio diverso da quello che mi aveva nominato), avrebbe nominato un successore. Non lo ha ancora fatto, dopo 8 mesi.
E – sul comparto comunale – non avrebbe “congelato” l’incremento della percentuale di trasferimenti statali ai comuni distribuiti sulla base dei fabbisogni standard (anziché sulla base della spesa storica). Un percorso che era iniziato nel 2015 sotto i governi Pd ed era arrivato fino a distribuire circa metà dei fondi statali sulla base di questo nuovo criterio.
10) MA INSOMMA, CHE NE DICI DI QUESTA STORIA DELL’AUTONOMIA REGIONALE?
Dico che per l’ennesima volta abbiamo perso l’occasione di affrontare il dibattito nel merito, e ci siamo divisi in tifoserie che, tra l’altro, non guardano neanche quello che succede davvero sul terreno di gioco. Ma ci limitiamo a cantare slogan e cori da stadio.
Penso anche, però, che una classe politica responsabile partirebbe dal fare il bilancio (a mio avviso fallimentare) della trentennale stagione federalista, e impostare un nuovo organico e sistematico processo di riforma basato su Autonomia e Responsabilità: definire con chiarezza quali sono i livelli di governo di questa Repubblica, assegnar loro competenze (esclusive), strumenti fiscali (esclusivi) e fondi perequativi per garantire il soddisfacimento dei fabbisogni standard (o livelli essenziali delle prestazioni, in caso) indipendentemente dalla capacità fiscale.
Deputato di Italia Viva (era stato eletto nelle file del Pd nel 2018) e componente della Commissione Bilancio della Camera. E’ stato Assessore al Bilancio e alle Partecipazioni del Comune di Ferrara (dal 2010 al 2014) e Consigliere economico del Presidente del Consiglio (dal settembre 2014 al marzo 2018) prima con Matteo Renzi, poi con Paolo Gentiloni. Economista all’Università di Bologna presso il Dipartimento di Scienze Economiche, dove in questi anni ha insegnato Microeconomia, Macroeconomia e Strumenti e Mercati Finanziari (attualmente in aspettativa obbligatoria). Juventino.