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2025, lo spauracchio dei dazi americani

di Alessandro Maran

Stando agli esperti, il 2025 sarà un anno di grandi cambiamenti. In testa alle previsioni ci sono le incertezze sulla seconda presidenza di Donald Trump e le preoccupazioni sulla traiettoria economica e la coesione sociale della Cina.
L’ex e futuro presidente Donald Trump tornerà in carica con un mandato più forte da parte degli elettori, dopo la sua convincente vittoria elettorale. E tuttavia, come è successo quando è entrato in carica la prima volta, anche per quello che riguarda il Trump 2.0 molto rimane ancora dubbio e aleatorio circa l’esatta conformazione e i possibili esiti della politica statunitense.
Si prevedono nuovi dazi, dopo che Trump li ha ripetutamente promessi durante la campagna elettorale. Ma se si legge attentamente, non è ancora ben chiaro dove si stabilizzeranno alla fine. Trump ha annunciato tariffe doganali generali del 60% sulle importazioni cinesi, più un altro 10% a meno che Pechino non blocchi le esportazioni di fentanyl. Gli accenni sensazionalistici a dazi del 25% nei confronti del Canada e del Messico sono similmente associati ad interventi sul fentanyl e all’immigrazione. Sullo sfondo incombe inoltre la proposta di Trump di dazi del 200% su alcune importazioni di automobili.
Sul Financial Times, Alan Beattie ritiene che “dazio” sia la singola parola destinata a caratterizzare il 2025, avvertendo che le imposte sui consumi che gravano sulle merci provenienti da stati esteri sono uno strumento obsoleto e rilevando l’incertezza sulle loro conseguenze. “La maggior parte degli economisti odia i dazi, ritenendoli distorsivi e dannosi”, scrive Beattie. “La maggior parte dei governi ha abbandonato il loro uso su larga scala. L’ossessione di Trump per i dazi significa davvero di rispolverare un’arma di un’epoca passata. Passeremo quattro anni a imparare come funziona un archibugio in una moderna guerra commerciale” (https://www.ft.com/…/eb5b121f-c9a5-41a3-bf37-49f6dd298eaa).
Dylan Matthews di Vox suggerisce che è certo quasi al 100% che Trump userà l’autorità presidenziale per imporre nuove dazi, ma ci sono solo il 20% di probabilità che il Congresso approvi un disegno di legge completo sulle imposte sui consumi gravanti sulle merci che provengono da stati esteri (https://www.vox.com/…/2025-new-year-predictions-trump…). Benjamin Wallace-Wells del New Yorker si chiede se i dazi, forse l’aspetto più certo dell’agenda politica di Trump, siano dopotutto davvero così certi, data la capacità di Elon Musk di irrompere inaspettatamente nei vari dibattiti politici repubblicani e sconvolgerli (https://www.newyorker.com/…/the-gops-elon-musk-problem). Nell’ultimo episodio del podcast Pivot del New York Magazine con Kara Swisher e Scott Galloway, quest’ultimo afferma che i dazi di Trump saranno ritirati non appena, come sostengono gli studiosi, causeranno inflazione (https://podcasts.apple.com/it/podcast/pivot/id1073226719…).
L’editor-in-chief dell’Economist, Zanny Minton Beddoes, sottolinea che altre grandi idee trumpiane sollevano domande altrettanto grandi. Identificando le “tre forze che daranno forma al 2025”, Beddoes si concentra sull’influenza di Trump su di esse e scrive: “Cosa succede quando la più grande economia del mondo prende una brusca svolta protezionistica? Quando la superpotenza globale decide che una politica estera transazionale ha la meglio sulle alleanze? E quando il reset avviene mentre le guerre infuriano, avversari minacciosi uniscono le forze e l’intelligenza artificiale (IA) sta cambiando tutto, dall’assistenza sanitaria alla guerra? Il mondo sta per scoprirlo” (https://www.economist.com/…/the-three-forces-that-will…). Intanto, Wall Street prevede una forte economia statunitense, secondo l’analisi pubblicata da società finanziarie e raccolta da Sam Potter di Bloomberg (https://www.bloomberg.com/graphics/2025-investment-outlooks/).
All’opposto, l’economia cinese ha deluso parecchio negli ultimi anni. Invece di godere di un boom post-pandemia, è rimasta a languire con un debito elevato e una bassa domanda dei consumatori. E più volte si è manifestata la speranze di uno stimolo economico significativo. Ora la banca centrale cinese afferma che quest’anno prevede di tagliare i tassi di interesse e che si affiderà in modo più coerente a questo tipo di misura politica, piuttosto che alle indicazioni non ufficiali che ha fornito alle banche su quando espandere i loro bilanci, come riportano Cheng Leng e Robin Harding del FFinancial Times(https://www.ft.com/…/794577b2-6bdd-4a03-bfab-19463543048a).
TThe Economistritiene che il leader cinese Xi Jinping abbia “molto di cui preoccuparsi nel 2025″ (https://www.economist.com/…/xi-jinping-has-much-to…). Innanzitutto, lo scontro commerciale con Trump sarà imprevedibile. Allo stesso tempo, la rivista avverte del pericolo del conflitto sociale, scrivendo: “Un altro anno di crisi economica renderebbe i cittadini più cupi. Nel 2024 il loro stress è diventato più evidente. Un segnale è stato l’aumento di atti di violenza casuali contro i cittadini, definiti dai media statali cinesi attentati di “vendetta nei confronti della società”. Questi hanno spesso comportato accoltellamenti e la guida di automobili contro la folla. Tali incidenti non sono certo un’esclusiva della Cina, ma il partito è chiaramente preoccupato (…) Nel 2025 ci si aspetta che il termine “lavoro sociale” abbia un posto di rilievo nella retorica del partito. Non si tratta tanto di fornire servizi alle persone bisognose, quanto di garantire l’ordine rafforzando il controllo del partito sulla base”.

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