LibertàEguale

Gli italiani vogliono Draghi

di Vittorio Ferla*

 

Il 70 per cento degli italiani vuole Draghi a Palazzo Chigi per completare un’agenda di governo che trova larga maggioranza di consenso nel paese. Una maggioranza che ha anche sposato la causa dei vaccini e del Green Pass per contrastare la pandemia. “Tra quanti sono convinti della bontà della certificazione verde, l’82% è favorevole all’azione del Governo; all’opposto, tra i contrari solo il 22% si esprime a favore del governo”. Il dato emerge dall’indagine “Il fattore Draghi e la politica italiana. Il pensiero degli elettori”, realizzata per conto dell’Associazione Libertà Eguale e della Fondazione PER dai ricercatori di Sociometrica e Format Research coordinati dall’economista Antonio Preiti. “Dalla ricerca – osserva Preiti, autore dello studio – non emerge solo che gli italiani si fidano di Draghi, ma pure che vogliono che sia lui a guidare il Paese in qualunque modalità, da Presidente del Consiglio o da Presidente della Repubblica”. La leadership di Draghi, aggiunge Preiti, va oltre la capacità di governare la congiuntura. Inoltre, la figura del premier si qualifica per una sorta di “autorevolezza democratica”, cosa ben diversa dall’autoritarismo emergente in alcuni paesi europei.

Il massimo consenso per la permanenza di Draghi alla presidenza del Consiglio dei Ministri è espressa dagli elettori di Azione (88%). Riguardo al giudizio sul governo Draghi “il 57% degli italiani, con varia intensità, è complessivamente contento dell’operato del Governo, mentre non lo è, anche in questo caso con varia intensità, il 43%”. Alcune porzioni di elettorato sono totalmente soddisfatte dell’operato: soprattutto tra chi vota Azione (40%), Forza Italia (31%) e Pd (22%). Un giudizio nettamente negativo arriva dagli elettori di estrema sinistra (Art. 1 e Sinistra italiana) tra i quali i totalmente contrari arrivano al 44%. Perfino peggio del dato di Fratelli d’Italia.

Ma la scoperta più golosa per le conseguenze sullo scenario politico riguarda la vicinanza politica degli elettori con il premier. In pratica, gli elettori del Pd, di Forza Italia e di Azione vedono Draghi come “proprio”. Tutto il contrario per gli elettori del Movimento 5 Stelle, con un misero 1%. E se, da un lato, gli elettori di Fratelli d’Italia riconoscono il senso di indipendenza di Draghi rispetto ai diversi partiti, sono soprattuto gli elettori del Pd e di Forza Italia a rilevarne l’autorevolezza, mentre quelli di Azione ne apprezzano la capacità decisionale.

Qual è l’impatto di questa analisi sul sistema politico? Nel corso dell’incontro per la presentazione della ricerca Deborah Serracchiani, capogruppo del Pd, rivendica “la linea retta” seguita dal suo partito a favore di Draghi, basata sul “rigore”, sulla “gradualità” e sul “senso di responsabilità” nella gestione della pandemia e della crisi economica. Ma che succede adesso? “In vista delle elezioni del 2023 emerge chiaramente che gli italiani apprezzano l’azione di governo e che sono soprattutto le forze del centrosinistra a considerare vicini la figura e l’operato del premier”, sottolinea Enrico Morando, presidente di Libertà Eguale. In vista del prossimo appuntamento elettorale, secondo Morando, serve rilanciare lo strumento della coalizione elettorale del centrosinistra senza cedere alla tentazione di approvare una legge elettorale proporzionale. Di diverso avviso, Luigi Marattin di Italia Viva: “dalla ricerca emerge che gli italiani, soprattutto nel Nord del paese, chiedono una diversa offerta politica che potrà aversi soltanto con una scomposizione e ricomposizione delle forze attualmente esistenti. Draghi può rappresentare l’occasione buona per procedere in questa direzione”. Il corollario di questa affermazione è che “non bisogna restare attaccati a un bipolarismo che non c’è più” e che “liberaldemocratici e socialdemocratici non stanno più insieme nemmeno nel Labour britannico o nei Dem americani”. Sulla stessa lunghezza, Carlo Calenda di Azione avverte: “bisogna ricomporre un pragmatismo riformista che lasci fuori i populisti” e “riconoscere che il sistema maggioritario non ha cambiato il paese”. Per Calenda “è risibile pensare che si possa fare al Quirinale ciò che si può fare solo a Palazzo Chigi”, mentre serve “una legge proporzionale con alta soglia di sbarramento per superare un bipolarismo che è solo ideale”. Per Marco Bentivogli, fondatore di Base Italia, “dovremmo immaginare categorie nuove” e “definire lo spazio politico a partire dai contenuti”. “Draghi – continua Bentivogli – è l’ultima occasione per riconfigurare la politica italiana”: come spiega la ricerca, inoltre, “l’Italia può portare a casa i risultati del Pnrr proprio grazie all’autorevolezza del premier”. Nelle conclusioni Stefano Ceccanti, deputato Pd e vicepresidente di Libertà Eguale, ricorda che, “come dimostrano altri paesi europei, è difficile che il centrosinistra possa essere rappresentato da due forze distinte, una socialdemocratica e una liberaldemocratica. In Francia abbiamo assistito al suicidio del Psf, in Francia al suicidio di Ciudadanos”. In Italia per fortuna c’è Draghi, continua Ceccanti, “ma abbiamo istituzioni deboli e partiti deboli: nessun sistema regge così, serve una riforma. Ma questa – conclude – non può venire da un sistema elettorale proporzionale”. Gli italiani puntano forte su Draghi, insomma, ma il dibattito tra i riformisti è soltanto all’inizio.

 

*Pubblicato su Il Riformista il 15 dicembre 2021

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