di Lia Quartapelle
Sull’accordo con la Cina il governo avrà fatto una analisi costi-benefici?
La partecipazione all’iniziativa della Nuova Via della Seta può aprire interessanti opportunità al nostro paese e alle nostre imprese sempre attive nell’export.
La nuova Via della Seta
Questo può accadere però se l’apertura avviene in modo meditato, spingendo innanzitutto perché l’apertura sia vicendevole, ovvero se mentre noi apriamo il mercato italiano alla Cina la Cina fa lo stesso con il loro mercato. La girandola di dichiarazioni contrastanti e contraddittorie della Lega e del M5S preoccupano perché sembrano il frutto di un processo affrettato e poco ragionato. Per questo vorremmo che il governo italiano chiarisse alcuni punti:
1. C’è una idea delle infrastrutture necessarie a sostenere questa apertura?
È bizzarro infatti che il ministro Di Maio, sostenitore dell’accordo che aprirebbe i porti italiani alla Cina, sia invece contrario alla TAV e a altre opere che connetterebbero i porti italiani al resto d’Europa.
Il rapporto con l’Europa e la posizione geopolitica
2. Conviene andare da soli, senza l’Europa?
I governi italiani precedenti si erano approcciati all’iniziativa cinese d’intesa con il resto dei Paesi europei, nella convinzione che l’Europa unita sia più forte dei singoli stati quando si tratta di negoziare con la Cina. Il governo attuale sta portando avanti una azione in solitaria e per certi versi opposta alla nuova visione strategica Ue-Cina approvata a Bruxelles pochi giorni fa. L’Italia da sola è più debole a negoziare dell’insieme degli Stati europei.
3. Sono stati valutati i costi di un riorientamento geopolitico? Gli Stati Uniti hanno fatto sapere che se i cinesi dovessero costruire infrastrutture nei porti di Genova o Trieste o se le aziende di stato cinesi fossero coinvolte nella gestione della rete 5G in Italia ci sarebbero conseguenze sullo stato di collaborazione strategica in ambito militare e di intelligence tra Italia e Stati Uniti. La stessa cosa hanno fatto sapere ad altri paesi europei, a partire dalla Germania. I paesi europei hanno il diritto di immaginare una strategia per il futuro delle relazioni con la Cina che sia autonoma e non influenzata dalla guerra commerciale tra Washington e Pechino. Nessuna fonte governativa italiana ha però davvero chiarito come si sia risposto a queste richieste americane.
L’Italia in Africa
4. E il ruolo dell’Italia in Africa? Per posizione geografica l’Italia può svolgere un ruolo cardine nei rapporti Ue-Mediterraneo e Ue-Africa. Anche la Cina è interessata a questi sviluppi geopolitici è il nostro paese potrebbe avere un ruolo molto più importante di quello di terminale portuale per le merci cinesi. Un accordo bilaterale Italia-Cina negoziato di fretta, senza una riflessione sistemica sui rapporti Europa-Cina-Africa, rischia invece di essere solo un accordo grazie al quale la Cina userà i porti italiani per inondare il mercato europeo delle loro merci.
5. L’accordo deve essere paritario. L’Italia è riuscita a inserire nel testo riferimenti a una apertura del mercato degli appalti pubblici cinesi alle nostre imprese?
Fare chiarezza
Insomma, il governo dovrebbe fare chiarezza su questo accordo che invece è discusso in gran segreto senza un coinvolgimento del Parlamento e senza la trasparenza necessaria a spiegarne contenuti, vantaggi e rischi agli italiani. Come ogni decisione geopolitica ci sono pro e contro, che devono essere bene valutati. Ci aspettiamo che il governo, solerte a procurarsi analisi costi benefici quando gli fa comodo, in questo caso valuti bene come fare l’interesse del nostro Paese.
Deputato del Partito democratico, eletta a Milano. Già segretario della Commissione Esteri della Camera nel corso della scorsa legislatura. Fa parte della presidenza di Libertà Eguale ed è ricercatrice presso l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI). Insegna presso il corso di Politiche per lo sviluppo dell’Università di Pavia.