di Umberto Ranieri
Scompare con Emanuele Macaluso un combattente politico della sinistra italiana, dotato di una vivida intelligenza e di una grande umanità. Scompare un uomo libero, con una capacità di totale disinteresse personale. La soglia avanzata della vita raggiunta non gli ha impedito di continuare a riflettere e scrivere sulla vicenda politica italiana, a battersi per rilanciare una sinistra che lui voleva si ispirasse a idealità socialiste. In una epoca di sfrenata personalizzazione della politica, di smania di protagonismo, Emanuele richiamava alla serietà, al rifiuto di ogni affabulazione, al senso di responsabilità verso i lavoratori e verso il Paese.
Aderì al Pci nel 1941 ancora nella clandestinità. Fu sindacalista in Sicilia negli anni degli assalti della mafia di Salvatore Giuliano alle organizzazioni del movimento operaio. Fu dirigente del Pci, nel tempo in cui quel partito fu una straordinaria comunità umana, collaborò con Togliatti, Longo, Berlinguer. Collaborò sempre lealmente ma senza conformismi ed acquiescenze burocratiche. Dicendo sempre con limpidezza il suo pensiero sulle vicende politiche e sulle scelte del Pci. Emanuele fu legato a Giorgio Napolitano da comuni pensieri politici e da una amicizia intensa durata una intera vita. e insieme a Giorgio condusse le battaglie dei miglioristi.
Emanuele comprese prima di altri la necessità di uscire dai vecchi confini del Pci. Sostenne tuttavia che c’era un grande patrimonio anche morale che non andava disperso. Per Emanuele il passato andava analizzato seriamente e l’analisi non poteva essere sostituita con sentenze liquidatorie. Il passato non andava rimosso se si voleva rendere comprensibile la evoluzione e la trasformazione attraverso cui eravamo passati per giungere ad una nuova forza politica della sinistra. Nei suoi libri lo sforzo di ricerca autocritica sulla storia del Pci era schietto e autentico ma combatteva contro le campagne di radicale svalutazione della esperienza storica di quel partito.
Con Emanuele era bello discutere. Colpiva la sua disponibilità al dialogo sulla vita, le difficoltà e le ansie della esistenza. Era bello farlo negli incontri conviviali, dinanzi ad un bel bicchiere di vino rosso magari della sua amata Sicilia.
Mancherà a tutti coloro che con lui si sono battuti per rilanciare il ruolo e la funzione della sinistra italiana, mancherà la sua critica alla demagogia e al giustizialismo, mancherà la sua intelligenza politica e la sua umanità.
Presidente della Fondazione Mezzogiorno Europa. Docente a contratto, insegna Storia dell’Europa all’Università La Sapienza di Roma, dove, Economia dei paesi in via di sviluppo all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Politica estera dell’Unione europea all’Orientale di Napoli. È stato deputato della Repubblica Italiana per quattro legislature (XII, XIII, XIV, XV) eletto nelle liste Pds, Ds e, infine, Pd. È stato anche Presidente della Commissione “Affari esteri e comunitari” della Camera dei deputati. Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri dal 1998 al 2001 nei governi D’Alema I, D’Alema II e Amato II.