di Alessandro Maran
“Un libro sorprendente (e sorprendentemente ottimista) sul cambiamento climatico”; “un antidoto essenziale contro l’apocalisse ambientalista”. Dopo averlo letto in anteprima, Bill Gates lo ha presentato così sul suo blog ai suoi lettori ( https://www.gatesnotes.com/Not-the-End-of-the-World). Ho dato retta al fondatore di Microsoft (e a Claudio Cerasa, che sul Foglio ha intervistato l’autrice, Hannah Ritchie, ricercatrice e data scientist all’Università di Oxford e vice direttrice di Our World in Data: https://ourworldindata.org/) e l’ho letto.
“Un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso”, pare abbia detto Daniel Pennac e devo dire che quello di Hannah Ritchie è davvero, come scrive Cerasa, “un libro da sballo, pragmatico, ottimista, che ha un titolo che andrebbe urgentemente raccomandato ai professionisti dell’ecoansia: “Not the End of the World: How we can be the First Generation to Build a Sustainable Planet” ( https://www.ilfoglio.it/…/un-antidoto-all-ecoansia…/).
Il libro di Ritchie analizza sette grandi problemi ambientali che il mondo oggi deve fronteggiare (inquinamento atmosferico, cambiamento climatico, deforestazione, cibo, perdita di biodiversità, plastica negli oceani e pesca eccessiva) e, ovviamente, non nega affatto il cambiamento climatico ma sostiene che su tutti questi temi, recentemente sono stati compiuti progressi e siamo su una traiettoria migliore di quanto la maggior parte delle persone pensi. Detto altrimenti, ci sono senza dubbio problemi urgenti da affrontare, come il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, ma – come Ritchie dimostra con dati e grafici – abbiamo le conoscenze e le tecnologie per risolverli. Questi problemi sono grandi ma sono risolvibili. Non siamo condannati. Possiamo costruire un futuro migliore per tutti e, come annuncia nel titolo, possiamo anzi essere la prima generazione a costruire un pianeta sostenibile. Anche perché, in realtà, il mondo non è mai stato sostenibile e gli uomini – specie dopo la rivoluzione agricola nel Neolitico, ma anche prima – non sono mai stati ambientalmente sostenibili. Per gran parte della storia umana, metà della popolazione è morta prima dell’età adulta (e anche se le cose sono migliorate drasticamente, cinque milioni di bambini ogni anno non arrivano ancora al quinto compleanno) e perfino i nostri antenati hanno cacciato fino all’estinzione centinaia dei più grandi mammiferi, inquinato l’aria bruciando legna, scarti di coltivazione e carbone, e tagliato enormi quantità di foresta per l’energia e i terreni agricoli. Nessuna generazione precedente aveva la conoscenza, la tecnologia, i sistemi politici, la cooperazione internazionale per raggiungere entrambi gli obiettivi della sostenibilità: garantire i bisogni del presente senza compromettere le possibilità delle generazioni future.
L’approccio, per capirci, è quello Hans Rosling, l’autore del libro “Factfulness. Dieci ragioni per cui non capiamo il mondo. E perché le cose vanno meglio di come pensiamo“. E la Ritchie, scrive Bill Gates, con il suo libro ha fatto per l’ambiente ciò che Rosling ha fatto per la salute pubblica e lo sviluppo globale.
A febbraio, Gates ha dedicato al libro anche un episodio del suo podcast, discutendo con l’autrice “del motivo per cui ci sono più ragioni di speranza di quanto si possa pensare”: “Quando inizio a sentirmi sopraffatto dalle sfide climatiche che dobbiamo affrontare, mi rivolgo a Hannah Ritchie, ricercatrice presso Our World in Data. Il suo approccio basato sui dati è un antidoto essenziale contro l’apocalisse ambientalista e fornisce l’ottimismo tanto necessario sulle capacità dell’umanità di affrontare i grandi problemi. Di recente ho incontrato Hannah per parlare del suo fantastico nuovo libro Not the End of the World, del perché è così difficile convincersi dei progressi dell’uomo, di cosa chiederemmo a un viaggiatore nel tempo riguardo al futuro e altro ancora” ( https://www.gatesnotes.com/Unconfuse-Me-podcast-with…). Insomma, da leggere.