LibertàEguale

Basta Nord vs Sud, l’Italia è complessa e multiforme

di Francesco Gastaldi

 

Il dibattito agostano sulle misure di sviluppo per il Sud d’Italia che ha visto numerosi interventi fra cui quello (molto articolato) del sindaco di Bergamo Giorgio Gori su Il Foglio, ha evidenziato, ancora una volta, approcci e prospettive molto diverse, anche nello stesso PD. Su questo tema esistono culture politico-economiche contrapposte, anche dopo la dipartita di Renzi. Il problema non è apparso come una questione “tecnica” sull’allocazione degli aiuti europei, ma sulla loro natura, che può manifestare un approccio di stampo assistenzialista. Una “narrazione” alla Provenzano tende a veicolare una rappresentazione univocamente negativa di Sud bisognoso e potrebbe alimentare un ulteriore sentimento di rivendicazione da parte del Nord senza modificare il quadro strutturale di una Italia complessa e multiforme.

Già un saggio di circa 30 anni fa di Carlo Trigilia “Sviluppo senza autonomia” (Il Mulino, Bologna, 1992) si esercitava nel mettere in discussione le letture più consolidate e stereotipate sul problema meridionale e tutte le soluzioni che vedono un impegno dello Stato nell’investire maggiori risorse. In questo lavoro del 1992, pesantemente osteggiato dal “meridionalismo” più consolidato e da molti economisti di diversa estrazione culturale e politica, Trigilia andava oltre, mettendo in evidenza le conseguenze negative (effetti perversi) delle politiche per il Mezzogiorno che si sono avute soprattutto dal dopoguerra ad oggi e che spesso hanno contribuito ad aggravare il problema piuttosto che favorirne la soluzione. Il tutto anche come effetto di politiche che hanno attribuito grande impegno al sostegno della domanda per sollecitare la produzione e l’occupazione. L’approccio si basava, infatti, su processi redistributivi del reddito e su politiche di welfare molto sviluppate; questo avrebbe dovuto stimolare la domanda nelle zone più svantaggiate stimolando la crescita di occupazione e reddito. Secondo Trigilia si verificò un’ipertrofia statuale nella regolazione dell’economia; prevalsero azioni decise dal centro che prevedevano interventi indifferenziati rispetto al contesto di riferimento; si affermarono logiche emergenziali in base alle quali venivano legittimati provvedimenti di spesa.

Carlo Trigilia è poi ritornato sul tema con un pamphlet dal titolo: “Non c’è Nord senza sud. Perché la crescita dell’Italia si decide nel Mezzogiorno” (Il Mulino, Bologna, 2012). Secondo l’autore nel corso degli ultimi decenni gli interventi centralizzati non hanno mai responsabilizzato le istituzioni locali e regionali e hanno finito per alimentare il “circolo vizioso della dipendenza”. Anche gli enti decentrati della pubblica amministrazione sono stati co-partecipi di questi effetti perversi; il loro ruolo era soprattutto incentrato al sostegno dei redditi delle famiglie e ad interventi di carattere assistenziale-clientelare e non si è accompagnato, se non in misura limitata, a una maggiore autonomia economica e ad un aumento della capacità di produzione. La spesa pubblica ha innalzato il reddito del Mezzogiorno, ma all’incremento di reddito non si è accompagnata una corrispondente crescita della capacità di produzione, della dotazione infrastrutturale e dei servizi; l’intervento pubblico non è riuscito ad innescare, se non in misura ridotta e limitata ad alcune aree, forme di sviluppo autonomo.

Nel 2020, sembra di essere di nuovo da capo, basta con questo dualismo Nord-Sud, parliamo di Italia e delle sue articolate differenze e necessità territoriali (che non riguardano solo il Sud) e non dimentichiamo che il Nord deve competere con altre aree sviluppate in Europa.

 

 

 

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