di Tony Blair*
Il partito rimarrà nel deserto fino a quando non comprenderà le reali esigenze degli elettori (pubblicato l’11 gennaio 2020 su The Guardian)
La buona notizia è che ci sono diversi candidati di talento che ambiscono alla leadership laburista. Ma ogni nuovo leader deve riconoscere che la crisi in cui versa il Labour è profonda. E l’eccesso di “riflessione” dopo le elezioni è stato allo stesso tempo patetico e risibile.
In politica non si dovrebbe mai tornare indietro. Questo non è un appello per tornare indietro al 1997 o al 2007. I tempi, le circostanze, il tipo di cambiamento necessari sono completamente diversi. Ma il Labour deve recuperare la cultura della vittoria. Perché questa non cambia.
La causa più vicina della sconfitta non è affatto complicata o difficile da vedere, ma semplice e in bella vista. Abbiamo presentato un leader e un manifesto che gli elettori hanno ritenuto a tal punto inaccettabile da provocare in molti avversione. Troppo estremo dal punto di vista economico. Anti-occidentale. Privo di patriottismo. E perciò pericoloso. Nessun partito politico serio fa una cosa del genere. Nessun partito politico, una volta che l’ha fatta, trascura di correggerla.
Anche quando l’opinione pubblica converge su cinque anni di governo Tory, per la metà continua ad ascoltare quanto sta succedendo nel partito laburista. Il minimo che devono sentire è: “capiamo che è stato il rifiuto di una posizione politica e non solo di un leader”. Se non siamo capaci di andare avanti così, avremo già perso le prossime elezioni dopo poche settimane dalla perdita dell’ultima.
La cultura della vittoria ha le seguenti caratteristiche.
1) Inizia da un’analisi spietata e testarda della realtà politica. I progressisti vincono dal centro. Possiamo deciderlo ora o perdere altre quattro elezioni prima di deciderci. Ma il centro non significa lo status quo. La confusione è data dall’insistenza della sinistra che ‘radicale’ indichi la politica tradizionale della sinistra, ma solo di più; l’alternativa è una versione ‘moderata’, che significa di meno. La prima è radicale senza essere realistica; la seconda è realistica senza essere radicale.
Diamo un’occhiata al mondo occidentale. Consideriamo i principali paesi, con popolazioni che superano i 20 milioni di abitanti. Non esiste un governo socialdemocratico o socialista di maggioranza. I più vicini sono Trudeau o Macron e sono entrambi liberali di centro tanto quanto socialdemocratici.
La crisi finanziaria non ha spostato le persone verso la sinistra tradizionale. Sulle questioni culturali si sono spostate a destra; e persino in campo economico, negli Stati Uniti, ad esempio, il più grande rischio dei Democratici è quello di sostenere un programma che conduca i ceti medi americani a rieleggere Trump, nonostante Trump.
Per molti, il nostro manifesto non ha acceso la speranza, ma la paura. Era una vasta lista dei desideri. Libertà di ‘questo’, libertà di ‘quello’.
La sfida è quella di ridefinire il concetto di ‘radicale’, andare oltre il populismo della vecchia sinistra e della vecchia destra e modellare una nuova agenda politica; a partire dal dominio sulla rivoluzione tecnologica del XXI secolo, importante tanto quanto la rivoluzione industriale del XIX secolo; e costruendo da lì i programmi di trasformazione e di giustizia sociale, anche sul cambiamento climatico e la disuguaglianza. Il concetto di ‘radicale’ funziona solo se alleato alla comprensione del futuro; e se guidato dal centro, dove le soluzioni pratiche sostituiscono gli slogan.
2) La politica progressista funziona meglio quando, in nome del cambiamento del mondo, non ‘promettiamo il mondo’. Nessuno dubita che i laburisti spenderanno soldi. I Tories possono dire che spenderanno miliardi e ‘non sbatterà una palpebra’. Perché le persone penseranno che loro sono riluttanti a spendere. Ma riguardo a noi: le persone pensano che i nostri cuori siano così molli che sprecheremo i loro soldi in ogni cosa. Se i Tories dicono che ‘metteranno fine all’austerità’, mentre tutto il Labour afferma che ‘bisogna farlo di più e più veloce’, la gente si fiderà di loro per farlo, non di noi.
Per molti – anche se non per tutti, d’accordo – il nostro manifesto non ha suscitato la speranza. Ha suscitato la paura. Era una vasta lista dei desideri. Libertà di ‘questo’, libertà di ‘quello’. Le tasse di iscrizione gratuite non sono una politica. Sono un regalo. Trovare una soluzione per garantire che le università britanniche – oggi un potente motore della nostra economia, non solo della nostra istruzione – mantengano la loro eccellenza, anche quando altri ambiti come l’istruzione primaria richiedono finanziamenti: questo è fare una buona politica pubblica.
3) I partiti di governo non sono la stessa cosa dei movimenti di protesta. Questi fanno pressioni sui governi affinché governino diversamente. Hanno certamente il loro ruolo, ma il partito laburista non è stato fatto per essere un gruppo di pressione, ma per vincere e governare. Ecco perché i sindacati dovrebbero essere consultati sulla politica per i servizi pubblici; ma non possono scrivere quella politica. Ecco perché Extinction Rebellion (un movimento non violento nato per fronteggiare i cambiamenti climatici, arginare la perdita di biodiversità e minimizzare il rischio di estinzione umana e il collasso ecologico, ndr.) aumenta il profilo di una causa importante, ma non ha un programma realistico per un governo. Noi dobbiamo appassionarci alla difficile situazione di quanti dipendono dalle banche del cibo e dei senzatetto che dormono per la strada. Ma dobbiamo anche misurare la sincerità di questi propositi di riforma sulla base della nostra disponibilità a fare ciò che serve per vincere, perché solo allora potremo fare qualcosa al riguardo; ciò significa essere attraenti sia per quelle persone che non vivono in condizioni così al limite, che per quelle persone che vivono in quelle condizioni.
4) Bisogna rendere più facile alle persone avvicinarsi a noi. Uno degli enormi problemi che abbiamo avuto con la Brexit è stato che nel momento cruciale in cui avremmo dovuto raggiungere gli altri superando le divisioni di partito, la nostra leadership era così settaria che i Lib Dem e i Tories più moderati non potevano scegliere di venire dalla nostra parte. Se qualcuno ha votato Tory o Lib Dem alle ultime elezioni, probabilmente non vorrà una rivoluzione socialista alle prossime.
5) Il patriottismo conta, ma temo che non riusciamo a definirne le basi. Queste sono: orgoglio per il nostro paese; sostegno alle forze armate; difendere con forza la legge e l’ordine. La visione progressista del patriottismo non sarà mai la stessa di quella conservatrice. Noi aggiungeremo un’enfasi sui valori come la tolleranza e l’uguaglianza e sull’impegno per la giustizia sociale. Ma le basi non possono mancare.
6) Se noi stessi condanniamo i successi ottenuti dai nostri governi, non dobbiamo stupirci se le persone concludono che non dovremmo tornare al potere. La costante affermazione sostenuta dalla leadership laburista secondo cui i problemi della Gran Bretagna sono stati il prodotto di 40 anni di ‘neoliberismo’, come se le politiche dell’era Thatcher fossero le stesse degli ultimi governi laburisti, era una orribile combinazione di cattiva politica e di peggiore storiografia. Possiamo immaginare che i Tories commettano un simile errore?
7) Infine, e soprattutto, bisogna decidere se la questione riguarda ‘loro’ o ‘noi’, cioè se riguarda le persone o il farci sentire bene con noi stessi. Se si tratta di loro, allora vincere è la massima priorità. Ciò significa che organizzazione di partito, strategia, preparazione non devono illuderci che sia sufficiente la fiducia che abbiamo nel sentirci dalla parte della ragione.
Queste cose sono ovvie. La frustrazione è che è necessario dirle.
*Tony Blair è stato Primo Ministro del Regno Unito dal 1997 al 2007, oggi è fondatore e guida dell’Institute for Global Change