di Pietro Ichino
L’economista della Bocconi avrebbe potuto essere una risorsa preziosa per la lotta ai privilegi consolidati; ma al Governo i competenti servono solo finché sono disposti a confermare la bontà delle sue scelte improvvisate
Strana vicenda, questa dello scontro tra il Governo giallo-verde e il presidente dell’Inps Tito Boeri.
Quest’ultimo poteva essere il punto di riferimento ideale per un movimento impegnato nella lotta contro vecchi privilegi consolidati e contro il vecchio modo di fare politica dei partiti.
Cresciuto alla scuola dell’Università Bocconi e non appartenente ad alcun partito, appena nominato quattro anni fa si è dedicato a elaborare progetti per ridurre progressivamente in modo incisivo i privilegi delle “pensioni non guadagnate”, cioè non corrispondenti ai contributi versati, maturate prima del 2012, incominciando dai vitalizi dei parlamentari (sui quali si è scontrato con le presidenze delle due Camere, che gli rifiutavano i dati opponendo l’immancabile “privacy”).
Nell’amministrazione dell’istituto ha portato una ventata di rigore ed efficienza, spazzando via le prassi clientelari ereditate da gestioni passate, impostando in modo impeccabile una nuova stagione di reclutamento del personale.
Si è mostrato del tutto indipendente, nello svolgimento della sua funzione, anche dal Governo Renzi che gliel’ha affidata.
Logica avrebbe voluto che il neo-ministro del Welfare Di Maio approfittasse di un colpo di fortuna come questo, per dotare della competenza necessaria la propria battaglia contro le pensioni d’oro, i privilegi, le pratiche del sotto-governo.
Perché no? Perché di Tito Boeri gli fa paura proprio l’eccesso di competenza, di indipendenza e di rigore. Il ministro non ha bisogno di un presidente dell’Inps che dice le cose come stanno sul bilancio previdenziale mostrando l’impraticabilità delle misure pensionistiche improvvisate dal Governo.
Va bene la lotta ai vecchi privilegi, ma solo fino a quando serve a guadagnare consensi immediati; se la competenza impedisce di smontare l’odiata riforma pensionistica Fornero, allora è meglio farne a meno.
Meglio sostituire al più presto Boeri con uno yes man e preparare un ritorno alla vecchia “gestione collegiale”, cioè lottizzata. E al diavolo la buona amministrazione.
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Già senatore del Partito democratico e membro della Commissione Lavoro, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Ordinario di Diritto del lavoro all’Università statale di Milano, già dirigente sindacale della Cgil, ha diretto la Rivista italiana di diritto del lavoro e collabora con il Corriere della Sera. Twitter: @PietroIchino