di Giovanni Cominelli
I 14 punti della Lettera di Renzi al Presidente Conte probabilmente non passeranno alla storia come quelli del gennaio del 1918 del Presidente Wilson. Ma certo segnano una svolta della strisciante crisi politica in Italia. Renzi era stato lo sponsor principale del Conte-bis. Inviata il 16 dicembre, è una bozza organica di programma alternativo a quello al non-programma di Conte. Dal punto 1 – che denuncia il populismo comunicativo -, al punto 4 – che richiama alla collocazione geopolitica dell’Italia -, al punto 5 – che riguarda il COP26, quest’anno prossimo presieduto dall’Italia – al punto 6 – i miliardi del Next Generation Eu – , al punto 8 – il mai realizzato Piano Shock – al punto 9 – la sfida che stiamo perdendo del Digitale e dell’Intelligenza artificiale – al punto 10 – il MES per la sanità, incredibilmente ridotto a 9 miliardi- al punto 14 sulla giustizia -, la Lettera denuncia la stagnazione e la confusione dell’azione di governo e preannuncia, qualora non si cambi passo, il ritiro della delegazione di Italia Viva dal governo. Forse Renzi poteva illudersi assai meno sul governo Conte. Ma non si può chiedergli di più.
La Lettera ha fatto increspare la palude dei commentatori, ma non troppo. Con l’aria di chi la sa lunga e conosce i retroscena, ha invitato a non prendere troppo sul serio le mosse di Renzi. La velina circolante tra le redazioni dei mass media e le segreterie dei partiti dice che sta solo ricattando, perché pretende il riconoscimento ufficiale che non ha ancora avuto né dal Premier né dal M5S né dal PD. Ma… niente paura. Si tratta di recita. Il finale della pièce, tipica della Prima repubblica, sarebbe già scritto: Renzi getta qualche bomba carta, molto fumo, nessun ferito, perché gli basterà accaparrarsi qualcuna delle centocinquanta poltrone e più che sono in palio, di qui alla primavera, nelle aziende pubbliche e para-pubbliche.
Insomma: tanto tuonò che non piovve. Sulla stessa linea interpretativa sta l’opposizione: da una parte starebbe, indomito, chi parla a nome degli Italiani, dall’altra chi sarebbe attaccato alle poltrone.
Tuttavia, se uno si sottrae allo stordente gracidio politico-mediatico e mette a confronto lucidamente le urgenze del Paese con l’azione di governo, deve solo constatare che la Lettera renziana in quattordici punti è ben assestata. E’ dotata di una visione, di cui è totalmente privo il Governo Conte. Se mancava un’ultima convincente contro-prova di tale cecità, Conte e il suo improbabile Ministro degli Esteri l’hanno offerta in questi giorni, correndo in Libia, alla corte di Haftar, per riportare a casa i pescatori-ostaggio. I pescatori sono salvi, la credibilità geopolitica dell’Italia nel Mediterraneo assai meno. Quanto al Covid, il numero esorbitante di morti parla da sé: primi in Europa, quinti al mondo. Un record realizzato grazie all’indecisionismo, all’ascolto demagogico di ogni grido e di ogni corporazione, all’uso politico cinico del Covid a fini di prossima campagna elettorale. La vittima primaria del Covid è ormai diventata la fiducia in una politica intenta a giocare alla tombola tragica del Covid e dei lockdown a intermittenza. Riesce sempre più difficile ai cittadini convincersi che far durare un governo giallo-rosso o metterne in piedi uno di altro colore possa davvero spalancare un futuro messianico per l’Italia.
Sta venendo meno la fiducia nel futuro collettivo del Paese, che si è ridotto ad attendere disperatamente il vaccino, non avendo più niente altro in cui sperare. Perciò si accentuano le tendenze anarco-corporative peggiori del Paese, che la politica accompagna invece di contrastare con severità. Per descrivere la nostra condizione attuale aiuterebbe il Leopardi dei Paralipomeni della Batracomiomachia. In tutti i Paesi europei il Covid è all’attacco, in tutti i Paesi europei la linea dei morti si sta sollevando, ma solo in Italia si respira un’aria di impotenza e di irresponsabilità. Il Covid ha messo inopinatamente in movimento il quadro geopolitico mondiale e, in particolare, quello mediterraneo, ha strappato gli ormeggi di un Paese, che stava rassegnato alla fonda, per paura del mare, ma la navicula italica sta ancora attendendo un capitano che si affretti al timone.
Tra un governo di unità nazionale e nuove elezioni il tertium attuale che viene quotidianamente propinato appare sempre più debole.
Viene obbiettato che in tempo di pandemia non c’è tempo per cambiare governo. In effetti, se esistesse un governo decidente, sarebbe insensato infilarsi in una crisi politica. Ma lo spettacolo quotidiano che il M5S e il PD ci propongono, cioè la stagnazione e la paralisi, l’incapacità di elaborare piani di investimento e di debito buono, la dispersione in mille rivoli dell’assistenzialismo straccione di in governo indeciso non costituisce certo una terzia via virtuosa. Politici e opinionisti possono trastullarsi con la psico-polit/analisi della personalità di Matteo Renzi. Ma alla lunga alla realtà non si sfugge. Renzi ha fatto un salutare esercizio di parresia a beneficio dell’intero Paese.
(Pubblicato da santalessandro.org, sabato 19 dicembre 2020)
E’ stato consigliere comunale a Milano e consigliere regionale in Lombardia, responsabile scuola di Pci, Pds, Ds in Lombardia e membro della Commissione nazionale scuola, membro del Comitato tecnico scientifico dell’Invalsi e del CdA dell’Indire. Ha collaborato con Tempi, il Riformista, il Foglio, l’ Avvenire, Sole 24 Ore. Scrive su Nuova secondaria ed è editorialista politico di www.santalessandro.org, settimanale on line della Diocesi di Bergamo.
Ha scritto “La caduta del vento leggero”, Guerini 2008, “La scuola è finita…forse”, Guerini 2009, “Scuola: rompere il muro fra aula e vita”, BQ 2016 ed ha curato “Che fine ha fatto il ’68. Fu vera gloria?”, Guerini 2018.