di Claudio Alberti
Tra i 21 punti consegnati alla discussione dei circoli del Partito Democratico c’era, nella parte finale, un quesito sulle cosiddette “Agorà Democratiche” vagheggiate dal nuovo segretario Enrico Letta. Sul punto specifico le/i militanti democratiche/i avevano la possibilità di sbizzarrirsi con la fantasia, perché riguardo la natura di tali Agorà, tanto il segretario quanto il punto della consultazione, sembravano un po’ Agostino che parlava di cosa fosse il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me ne chiede, non lo so”.
La fantasia, va detto, non l’ha fatta però da padrona: secondo i risultati diffusi dal PD, i militanti avrebbero prefigurato agorà “digitali” (mecojoni, diremmo noi democratici delle ZTL: pensavamo si dovessero fare coi vecchi fogli ciclostilati), “aperte” (come sopra, anche perché, per dirla coi Coma_Cose, un’agorà chiusa è soltanto un caminetto che non ti ha conosciuto), e in cui si parli di valori (perché diamine, di politica si dovrà pur parlare, visto che di gossip si occupa già il grande modello del progressismo italiano, Barbara D’Urso).
Vabbè, se proprio hanno da essere digitali, aperte, e con contenuti “alti”, mi permetto di fare una piccola proposta a Letta: il modello per le Agorà Democratiche esiste già, e si chiama Wikipedia. Mi pare che tre regole fondamentali della straordinaria piattaforma online possano aiutare la formazione delle Agorà. La prima: chiunque può parteciparvi e parlare di tutto. Un Claudio Alberti qualsiasi può scrivere una voce enciclopedica su Hegel, per esempio, ma anche un Hegel può scrivere una voce enciclopedica su Claudio Alberti (caro G.W., mi sono sempre legato al dito il fatto di aver scritto tante pagine su di te nella mia tesi, senza che tu abbia mai scritto niente su di me…). Non esistono, dunque, temi troppo bassi o troppo alti da affrontare, il contenuto si alimenta in continuazione. Per i liberal, abituati a sentirsi dire che alcuni temi sono storicamente tabù (dal nucleare alle politiche del lavoro, dal presidenzialismo alle politiche sull’immigrazione), già questa sarebbe decisamente una svolta.
Ancora più riformista sarebbe la seconda regola: nessun contenuto è definitivo. Chi scrive sa di non avere la verità in tasca, e che ogni sua parola può essere aggiornata, rivista, cancellata, e scritta meglio. Un nichilismo – inteso in senso buono – democratico (perché la democrazia è anche nichilista), in cui perfino quello che dice un capocorrente può essere messo in dubbio dall’ultimo degli iscritti, al di là dei rapporti di forza e delle tessere su cui può contare il primo. Un dispositivo in cui non esiste una “ditta” da difendere e qualche altro che viene visto come usurpatore (Claudio Petruccioli parlava, qualche settimana fa, di “cabina di pilotaggio”), ma soggetti che hanno il dovere di contribuire insieme all’elaborazione di qualcosa più grande di loro.
La terza regola, infine. Tutti possono scrivere su tutto, ma avendo sempre e comunque la cortesia di portare delle fonti a sostegno delle proprie tesi. Un principio fondamentale, per evitare che sulla pagina della voce il sistema avvisi gli utenti che quello che stanno per leggere, e anche chi l’ha scritto, non sono da prendere troppo sul serio. Che bello sarebbe, se tutti facessero un tale sforzo collettivo di ricerca e scoperta, prima di dire qualunque cosa nelle Agorà. Prima di rimanere affascinati da qualunque demagogo, su uno qualunque dei temi, ci sarebbero quantomeno grafici, dati, libri e studi citati da consultare. Un processo di crescita collettivo, estraneo alle banalizzazioni populiste, e degno davvero di un partito. Sarebbe a portata di mano, solo per fare un esempio, la scoperta che una intellettuale di riferimento che critica il governo Draghi perché “in nessuna parte del mondo ci sono persone in divisa a gestire i vaccini”, ha mancato di considerare paesi come Stati Uniti o Regno Unito (vabbè, poca roba, dai).
Oppure, scrivendo nel motore di ricerca dell’Agorà la stringa “complotto internazionale contro il Governo Conte 2”, si finirebbe in una pagina che, correttamente, in alto riporterebbe un banner con scritto “Questa voce è priva o carente di riscontri, fonti o riferimenti bibliografici, e non può essere (ancora) considerata credibile”.
Enrico, pensaci!
Consulente di comunicazione e docente di linguaggi multimediali, fa parte della presidenza di Libertàeguale.