LibertàEguale

Con il Labour vince la speranza

Britain's incoming Prime Minister Keir Starmer and leader of the Labour Party, addresses the nation after his general election victory, outside 10 Downing Street in London on July 5, 2024, a day after Britain held a general election. Starmer became Britain's new prime minister, as his centre-left opposition Labour party swept to a landslide general election victory, ending 14 years of right-wing Conservative rule. (Photo by HENRY NICHOLLS / AFP)

di Danilo Di Matteo

 

Vi sono casi nei quali l’analisi minuziosa, il dettaglio rischiano di far smarrire il senso degli eventi. Alcuni, ad esempio, si soffermano sulle particolarità del leader laburista britannico e premier in pectore Keir Starmer, sulla sua linea ondivaga. A ben guardare, tuttavia, anche di Neil Kinnock o di Tony Blair si disse che erano figure atipiche rispetto alla tradizione del Labour, eppure hanno caratterizzato un’epoca. Un po’ come accadeva ai dirigenti del Pci, da Giorgio Amendola a Enrico Berlinguer, considerati “diversi”.

Mutano le generazioni e le istanze che esprimono, cambia lo stile, il modo di porsi; la politica è carne viva, non museo delle cere. E bene ha detto il sindaco di Londra, Sadiq Khan: con il Labour vince la speranza. Due, infatti, sono le principali passioni umane legate all’incertezza, come insegnava il filosofo Spinoza: la paura e la speranza. La destra europea estrema e xenofoba e, a tratti, anche quella liberal-conservatrice – come nel caso del Regno Unito – sono oggi espressione della paura. Il Labour vittorioso di Starmer, come il Pd di Elly Schlein e Stefano Bonaccini, incarna la speranza. Entrambi gli stati d’animo ci caratterizzano, come umani; il punto, tuttavia, è quale dei due abbia la meglio.

Marco Pannella, non a caso, si è sempre ispirato al Regno Unito, fin nell’abbigliamento da “Lord”, malgrado le forzature degli ultimi anni sulla “riforma americana della politica e dell’economia”. Per decenni, in realtà, ha evocato una “riforma anglosassone” e fin dalla celebre lettera a Paese Sera del 1959 esortava Palmiro Togliatti e il Pci a ispirarsi, innanzitutto, al Labour.

Il punto è che noi italiani siamo per lo più inguaribilmente provinciali nel considerare fenomeni quali il laburismo inglese, ignorando ad esempio quanto esso debba al metodismo, il movimento di risveglio religioso sorto nell’ambito della chiesa anglicana nel XVIII secolo e poi allontanatosene, che sollecitava tra l’altro i proletari, con la parola e con i fatti, ad affrancarsi dai mali endemici dell’alcolismo o della prostituzione e ad acquisire una dignità nuova. Né, con le nostre lenti deformanti, riusciamo davvero a comprendere il senso dell’omaggio proprio di Starmer alla memoria della Lady di ferro Margaret Thatcher.

E, più in generale, è l’Europa continentale ad aver difficoltà a comprendere l’universo britannico. Il quale, dal canto suo, è da sempre percorso da due pulsioni, o due tentazioni, pronte a riemergere come fiumi carsici: la spinta a isolarsi, prevalsa con la Brexit, e quella imperiale, peraltro sovente intrecciate. È ora giunto il momento, per il Regno Unito, di tornare a fungere da ponte con il Nord-America e a giocare le proprie carte nell’agone politico europeo. Chi scrive, per provare nel suo piccolo a orientare in tal senso la politica italiana, pur provenendo dal Pds, scelse a suo tempo di aderire ai Laburisti di Valdo Spini.

Insomma: come notava il filosofo scozzese del Settecento David Hume nel suo “Trattato sulla natura umana” (anticipando di oltre due secoli “La lontananza” di Domenico Modugno), il vento (in tal caso i venti tempestosi della storia) spegne i fuocherelli, mentre fa divampare i fuochi grandi. E ora l’affermazione del Labour è un incendio di speranza e di futuro, non solo per i britannici.

Lascia un commento

L'indirizzo mail non verrà reso pubblico. I campi richiesti sono segnati con *