LibertàEguale

Cosa pensano gli ucraini della guerra e della pace

di Antonio Preiti

 

Ottimismo, fiducia di vincere il conflitto, ripristino dell’integrità del paese e ingresso nell’Unione europea. Cosa emerge dal report di Center for Insights in Survey Research

Dal 24 febbraio il destino dell’Ucraina è l’argomento principale di discussione in tutto il mondo. Conosciamo le varie posizioni in campo, ma non si conosce abbastanza, o per nulla, o almeno si fa finta di non conoscerla, o spesso non la si vuole neppure conoscere, è ciò che pensano gli ucraini, cioè le persone in carne e ossa che vivono in quel Paese. Naturalmente conosciamo il pensiero del governo ucraino e del suo presidente Zelensky, ma è indispensabile capire anche i sentimenti della popolazione. Questa conoscenza è fondamentale, perché in molti, forse in troppi, pensano a negoziati che prescindano totalmente dal pensiero delle vittime del conflitto, di chi vive sulla propria pelle sia la guerra, sia si spera, la pace.

Il Center for Insights in Survey Research, un centro di ricerca americano dell’IRI (International Republican Institute) ha condotto un’indagine demoscopica, presso un campione rappresentativo della popolazione ucraina che vive nel paese, ovviamente escludendo la parte attualmente occupata dai russi. È una ricerca fondamentale perché ci consente di capire il pensiero di fondo degli Ucraini. Allora cosa scopriamo?

Scopriamo il grande ottimismo, nonostante la guerra, i continui bombardamenti e i disagi di ogni genere vissuti ogni giorno: il 95% degli Ucraini pensa che il futuro dell’Ucraina sarà promettente, addirittura in crescita rispetto alla stessa domanda posta in un’analoga ricerca nell’aprile scorso, quand’era del 93%. Scopriamo la fermissima convinzione che, alla fine, la guerra sarà vinta proprio dall’Ucraina: se ne dice sicuro l’81% e “abbastanza sicuro” il 16%. Scopriamo che l’84% sostiene che la nuova generazione ucraina avrà un ottimo futuro, mentre è del parere opposto solo l’11%.

Passiamo adesso alle questioni più politiche, a quello che pensano gli Ucraini rispetto alle (eventuali) concessioni da fare alla Russia, a ciò che per loro non è negoziabile e quello che lo è e a quali condizioni. Se guardiamo all’obiettivo principale per i prossimi 10 anni, gli Ucraini mettono al primo posto il ripristino dell’integrità territoriale del Paese (49%), perciò tutti i “negoziati” che siano fondati sullo smembramento del paese non sono per nulla condivisi dalla popolazione. Semmai sono pronti a cedere qualcosa su altro, ma lo vedremo tra poco. Oltre all’integrità del paese, oltre a combattere forme di corruzione, si pensa a rafforzare le capacità difensive del paese (35%) e di aderire all’Unione Europea (33%). Più in basso è l’adesione alla NATO (19%).

Naturalmente c’è il grande problema della ricostruzione, non appena le condizioni oggettive lo permetteranno. Allora ci si chiede quali paesi dovrebbero aiutare di più l’Ucraina nella sua indispensabile opera di ricostruzione. Qui Stati Uniti e Gran Bretagna sono indicati quasi allo stesso modo ai primi posti, rispettivamente con il 30% e il 29%; seguono la Polonia (21%) e solo al quarto posto la Germania (17%) e al sesto la Francia (7%).

Quanto detto si riferisce all’opera di ricostruzione, ma ci si chiede qual è il sentimento generale degli Ucraini rispetto ai paesi che la stanno più o meno fortemente aiutando. Pensano che sia la Polonia il paese che sta aiutando maggiormente l’Ucraina (66%) seguita a brevissima distanza dagli Stati Uniti (64%) e Gran Bretagna (60%). Questi tre paesi distanziano enormemente tutti gli altri, perché il quarto, la Lituania, raccoglie il 10%, la Germania il 7% e tutti gli altri ancora più in basso.

C’è una differenza tra la volontà di unirsi all’Europa e unirsi alla NATO, nel primo caso i consensi raggiungono l’80% e nel secondo il 59%, perciò pur essendo largamente maggioritarie le due adesioni, si stabilisce una differenza di proporzioni tra aderire all’una o all’altra. Questo ci porta direttamente alle “concessioni” che il popolo ucraino sarebbe disposto a dare per arrivare alla fine del conflitto. Se il 40%, cioè la maggioranza relativa, sostiene che nessuna concessione è possibile, il 29% si dichiara disponibile a rendere neutrale l’Ucraina e a non aderire, di conseguenza, alla NATO (adesione che prima del 24 febbraio era tutt’altro che all’ordine del giorno). Sul piano territoriale, invece, non c’è praticamente nessuna disponibilità: il 6% riconoscerebbe i territori occupati dai Russi prima del 24 febbraio; il 5% riconoscerebbe la Crimea come russa e il 2% riconoscerebbe il Donbass come russo. Anche sommandoli si arriverebbe al 13%, perciò una piccola minoranza.

Lo studio ci dice perciò che c’è una contrarietà totale alle eventuali negoziazioni basate sullo “spacchettamento” dell’Ucraina, perché questo metterebbe in discussione l’identità e il futuro stesso del paese. Perciò non sembra consigliabile, né auspicabile, un accordo (eventuale) del tipo di quello fatto a Monaco nel 1938 che consegnò buona parte della Cecoslovacchia alla Germania nazista e neppure riuscì a scongiurare, di lì a poco, lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Detto questo, è limpido, evidente, anzi lampante, come la questione dell’identità del paese e la sua difesa siano la forza fondamentale della resistenza ucraina.

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