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Costituzione ed emergenza: adesso gestire bene la fase 2

Intervista di Francesco De Palo a Stefano Ceccanti pubblicata su Formiche.net il 29 aprile 2020

 

Niente polemiche strumentali o di retropensiero, dice a Formiche.net il costituzionalista Stefano Ceccanti, deputato del Partito Democratico, che legge il richiamo della presidente della Corte Costituzione Marta Cartabia come un invito a gestire bene la fase 2, quella che ora inizia, più che come una critica retrospettiva.

Ma di contro si attende logicamente che nella nuova fase, non più di stretta emergenza, ci sia un ritorno alla fisiologia con un più stretto controllo parlamentare. Per questa ragione ha presentato un emendamento con un’ipotesi: parlamentarizzare i Dpcm dando sette giorni per per il parere prima di poterli emanare.

 

La presidente della Consulta, Marta Cartabia, ha usato la metafora della bussola per escludere dal nostro ordinamento la figura del sovrano. La Carta è stata bypassata? Si poteva evitarlo?

Non penso che una relazione che descrive un anno di attività della Corte debba essere letta come una presa di posizione sulle ventiquattro ore precedenti. Invito quindi tutti a leggerla per quello che è. In secondo luogo la presidente Cartabia ha usato un concetto chiave, in termini non polemici, che è utile a tutti: quanto più i limiti ai diritti che vengono inseriti in fase emergenziale sono forti tanto più devono essere, tra l’altro, temporanei. La prenderei come un invito a gestire bene la fase 2, quella che ora inizia, più che come una critica retrospettiva.

 

Grave che le limitazioni siano giunte in una penombra normativa?

Ci sono state delle criticità verso metà marzo ma erano state risolte col decreto 19 che aveva riordinato il sistema delle fonti, la questione si è riaperta con l’emanazione del nuovo Dpcm.

 

Perché usare il Dpcm e non un decreto legge?

Il Dpcm offre il vantaggio della vigenza immediata senza dover passare per il controllo del Quirinale e non ha bisogno della conversione. Però, se strumenti di questo tipo, fondati su decreti legge, erano accettabili nella fase 1 di stretta emergenza e il governo mi dice che ora la fase è cambiata, mi attendo logicamente che nella nuova ci sia un ritorno alla fisiologia con un più stretto controllo parlamentare. Io ho presentato un emendamento con un’ipotesi, parlamentarizzare i Dpcm dando sette giorni per per il parere prima di poterli emanare. Non va bene questa soluzione? Il governo, se, come credo, condivide il fine, ci indichi altri strumenti.

 

Per Sabino Cassese la pandemia non è una guerra. Quindi il Parlamento avrebbe dovuto essere maggiormente coinvolto?

Eviterei polemiche retrospettive. Il decreto-legge 19 aveva risolto le criticità precedenti, il nuovo Dpcm le ha riaperte proprio perché segna l’inizio di una fase diversa. Se così è, la diversità di fase si deve vedere anche nel rapporto governo-Parlamento perché nessuna decisione rilevante può essere ora consentita senza una forma di controllo da parte del Parlamento. Si vuole rinunciare ai Dpcm e ricorrere solo ai decreti-legge? Benissimo. Si vogliono mantenere anche i Dpc? Bene, ma allora in qualche forma devono passare anch’essi per il Parlamento. Più occhi guardano i testi meglio è, anche perché bisogna evitare di sacralizzare i pareri tecnici rispetto a quelli della rappresentanza politica. A chi è legittimato dal voto spetta decidere il se, ai tecnici spetta aiutare a decidere il come.

 

Come ritrovare l’equilibrio tra poteri?

Il nodo di queste settimane non sta tanto nel rapporto tra i cittadini e lo Stato (al netto della difficoltà obiettiva di tutti i governi di rispondere tempestivamente e soddisfacentemente) ma nei rischi di compressione del Parlamento che potrebbero proseguire per inerzia oltre il dovuto. Da questo punto di vista c’è un nesso stringente tra la proposta di oggi e quella della possibile introduzione del voto a distanza, pacificamente attuata da Westminster al Canada, passando per la Spagna, il Parlamento europeo e così via. Nelle scorse settimane il Parlamento si è automarginalizzato rifiutando in modo irragionevole le proposte innovative e temo che le resistenze, per quanto obsolete, siano tuttora ostinate. Spero che almeno sul versante delle fonti del diritto siamo invece in grado insieme al Governo di trovare una discontinuità ragionevole a vantaggio di tutti.

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