di Pietro Ichino
Pensiamo ai rischi che possono derivare per una persona malata, o una famiglia povera, dal non poter disporre più della caldaia, o del frigorifero; oppure dall’impossibilità di approvvigionarsi di un farmaco indispensabile
Dopo la mia presa di posizione sulla necessità vitale di evitare il collasso totale del sistema economico, alcuni amici che molto stimo mi hanno manifestato il loro dissenso: “la salute viene prima dell’economia”.
Ho detto loro che su questo punto concordo pienamente, ma temo che essi sottovalutino i rischi, proprio per la salute di tutti e in particolare dei più cagionevoli o più poveri, di un collasso del sistema economico.
A fermare le aziende si fa in fretta, ma per farle ripartire ci vuole tanto più tempo quanto più sono state ferme ed è stato fermo l’intero sistema. Non ce n’è una sola che possa ripartire senza che si metta in moto tutta la rete di aziende che le forniscono materie prime, semilavorati e servizi di ogni genere, soprattutto di manutenzione.
Noi oggi non percepiamo ancora i morsi della penuria, perché energia elettrica, gas e acqua arrivano regolarmente, l’industria alimentare e farmaceutica lavorano ancora a pieno ritmo, i trasporti funzionano; ma queste attività produttive necessitano di materie prime, funzionano per mezzo di macchine, che possono guastarsi e richiedere pezzi di ricambio o sostituzioni.
Anche i nostri elettrodomestici si guastano. Pensiamo ai rischi che possono derivare per la vita o la sicurezza di una persona malata, o di una famiglia povera, dal non poter disporre più della caldaia, del frigorifero o della lavatrice. Oppure dall’impossibilità di approvvigionarsi di un farmaco indispensabile.
Questo rischio non è lontano: bastano un mese o due di paralisi perché esso diventi attuale. Proviamo a metterlo sul piatto della bilancia, e ci renderemo conto che, quando i dati sulla diffusione del contagio saranno tornati sufficientemente bassi, proprio per la protezione della nostra salute può essere più prudente e lungimirante correre ragionevolmente qualche rischio immediato di più per ridurre la portata della paralisi, o almeno ridurne la durata.
A chi chiedere questa forma di servizio civile, e come, è il tema di un mio editoriale telegrafico. Il rischio di errore è altissimo; ma non c’è scelta che ne sia esente.
Già senatore del Partito democratico e membro della Commissione Lavoro, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Ordinario di Diritto del lavoro all’Università statale di Milano, già dirigente sindacale della Cgil, ha diretto la Rivista italiana di diritto del lavoro e collabora con il Corriere della Sera. Twitter: @PietroIchino