di Giorgio Gori
Testo integrale del discorso del Sindaco Giorgio Gori pronunciato al Presidio contro la guerra in Ucraina tenutosi sabato 26 febbraio a Bergamo, al quale hanno partecipato centinaia di bergamaschi e non solo. Un discorso molto netto nell’affermare da che parte stiamo e nell’indicare quello che ora dobbiamo fare, ma soprattutto nel metterci di fronte alle nostre responsabilità per quanto con superficialità e indifferenza abbiamo permesso che accadesse. Lo condividiamo anche per lo sgomento di fronte ai racconti diretti delle cittadine ucraine impaurite che aiutano le nostre famiglie e che sono presenti nelle nostre case.
Buongiorno a tutti, grazie di essere venuti così numerosi.
Voglio subito portare il nostro abbraccio, quello di tutti i bergamaschi, ai cittadini ucraini che risiedono a Bergamo e in provincia. Sono oltre 1500 in città – la seconda comunità straniera del capoluogo -, e più di 5000 nella bergamasca. Sono soprattutto donne, madri che hanno lasciato i mariti e loro figli in Ucraina per venire qui a lavorare. Molte di loro abitano le nostre case, si prendono cura dei nostri familiari. E da giorni, queste madri vivono nell’angoscia per quanto sta accadendo nel loro Paese.
Non una guerra, ma un’invasione. Non un conflitto, ma un’aggressione armata.
A 2000 km da qui, in Europa, i missili, i cannoni, i carri armati, gli aerei della Russia di Putin stanno mettendo a ferro e fuoco l’Ucraina. Senza alcuna giustificazione.
Senza alcuna giustificazione, consentitemi di ripeterlo e sottolinearlo.
Io so che anche in questa piazza ci sono diverse sensibilità. Io le rispetto tutte, ma sento il bisogno di dire con chiarezza qual è il mio pensiero e qual è la posizione dell’Amministrazione comunale di Bergamo su questa vicenda.
Non c’è alcuna giustificazione possibile per l’aggressione di un popolo libero.
Come Hitler in Boemia e Moravia nel 1938, Putin ha usato la scusa dell’inesistente minaccia alla popolazione di lingua russa nel Donbass per scatenare la guerra nel cuore dell’Europa. E questo è inaccettabile.
Siamo tutti per la Pace, ma non basta essere genericamente per la pace. Il mondo è diviso tra democrazie e autocrazie: noi siamo quelli contro le dittature, contro le autocrazie; siamo con le democrazie, con gli Stati Uniti, con l’Alleanza atlantica, con l’Unione Europea.
Siamo qui per dire ai cittadini ucraini, sia quelli che vivono qui sia soprattutto quelli che sono in patria e rischiano la vita, che siamo con loro, dalla loro parte, e che condanniamo l’invasione del loro Paese.
Siamo qui per dire ai cittadini russi che a San Pietroburgo manifestano contro Putin che siamo al loro fianco e che li consideriamo degli eroi. E così i 300 scienziati russi che hanno in queste ore sottoscritto una lettera contro la guerra in Ucraina.
Siamo qui per fare ammenda delle debolezze dell’Occidente, delle nostre debolezze, di fronte all’invasione della Crimea. Perché è da lì che nasce questo attacco all’integrità dell’Ucraina e alla libertà. Ogni volta che non si risponde con sufficiente fermezza alla prepotenza di un dittatore, quel dittatore diventerà più prepotente e più aggressivo.
Se è così, credo sia giusto chiederci se anche noi, italiani ed europei, abbiamo delle responsabilità per ciò che sta accadendo. Io penso di sì.
Dopo il crollo del comunismo sovietico abbiamo avuto una grande occasione, per i russi e per tutto il mondo libero. E l’abbiamo sprecata. Abbiamo lasciato che la libertà lasciasse di nuovo il passo al dispotismo e questo si combinasse con l’imperialismo che da secoli segna la politica estera russa. E il risultato è sotto i nostri occhi.
Abbiamo accettato, con rassegnazione e cinismo, che a Mosca si consolidasse un potere autoritario e rapace, come se non ci riguardasse. Non solo: alcuni leader politici italiani hanno per anni lodato le qualità di Putin. Dal 2018 abbiamo attribuito importanti onorificenze a 22 oligarchi russi legati al Cremlino.
Quando in Russia ogni forma di libertà e di dissenso veniva soffocata, abbiamo risposto con un’alzata di spalle.
Quando migliaia di oppositori politici del regime venivano arrestati, abbiamo finto di non vedere.
Quando Alexei Navalny è stato avvelenato dai servizi segreti di Putin, ci siamo girati dall’altra parte.
Come possiamo sorprenderci oggi?
Il nemico di Putin non è l’Ucraina, colpevole di voler diventare membro dell’Unione Europea e, in futuro, forse, membro dell’Alleanza Atlantica. Il nemico di Putin è qualunque riflesso di libertà e di democrazia.
E dunque il nemico siamo NOI, l’Occidente e i suoi valori. Questa è la posta in gioco e stavolta non possiamo più balbettare.
E dunque siamo qui – per questo siamo qui – per dire al nostro Governo di non esitare a condividere le risposte più dure che l’Unione Europea vorrà dare a questa gravissima violazione del diritto internazionale, anche se questo comporterà dei costi anche per noi.
Dire di essere per la pace non costa niente. È molto facile. Qui bisogna invece essere pronti a fare dei sacrifici, perché l’unico modo di fermare Putin è colpire con determinazione gli interessi economici della Russia. Anche se questo avrà di riflesso un costo per l’Italia.
L’export verso la Russia vale l’1,6% del complessivo, e coinvolge in particolare alcuni distretti. Il peso del turismo russo in Italia è del 2,8% del totale: anche qui andranno previsti sostegni e ristori per chi subirà le maggiori perdite. Ma sappiamo che il vero problema è quello energetico. Perché dalla Russia prendiamo il 40% del gas e il gas vale il 40% della nostra produzione di energia elettrica.
A sanzioni dure è molto probabile che corrisponderanno delle contro-sanzioni. Ma se diciamo “solidarietà ai cittadini ucraini” non possiamo avere alcuna esitazione di fronte a questa possibilità: quando sono in gioco i principi di libertà e democrazia tutto il resto passa in secondo piano.
Guai ad abbandonare la democrazia ucraina. Guai ad annacquare le sanzioni e a negare aiuti alla resistenza ucraina.
Perché non stiamo difendendo solo quel Paese sotto attacco. Stiamo difendendo noi stessi. Stiamo difendendo la NOSTRA libertà. La NOSTRA democrazia. I NOSTRI valori. Perché, come i diritti, libertà e democrazie sono INDIVISIBILI.
Diciamo No quindi a qualunque ambiguità.
L’invasione di Putin cambia il mondo, la storia e le relazioni internazionali. E la nostra stella polare può essere una sola: difendere la libertà e la democrazia. Ad ogni costo, per fermare Putin.
Siamo qui anche per dire che va subito costruita una politica europea per i rifugiati e i richiedenti asilo dell’Ucraina. Si stima che i profughi possano essere 4 milioni. 4 milioni di profughi stanno per bussare alle porte dell’Europa. Non lasceremo sola la Polonia e gli altri Stati, anche se questi Stati lasciarono sola l’Italia quando i profughi arrivavano sulle nostre coste. Ne trarremo invece spunto per ottenere la riforma del trattato di Dublino.
E Bergamo farà la sua parte, come sempre ha fatto.
E infine ci impegneremo per dare anche aiuto materiale ai nostri amici ucraini. Serviranno risorse economiche. Per questo il Comune di Bergamo sostiene e promuove la raccolta fondi attivata dalla Caritas bergamasca. Potete fare le vostre donazioni sul sito dona.caritasbergamo.it. E io vi dito: fatelo, siate generosi. Sarà il modo più concreto per dimostrare ai nostri concittadini ucraini che siamo davvero al loro fianco.
Grazie a tutti.
– Giorgio Gori, Sindaco di Bergamo.
Discorso al Presidio contro la guerra in Ucraina.
Bergamo, 26.02.2022
Giornalista e produttore televisivo, fondatore della casa di produzione televisiva Magnolia ed ex direttore di Canale 5 e di Italia 1. Dal 10 giugno 2014 è sindaco di Bergamo, a capo di una coalizione di centro-sinistra.