di Massimo Ungaro
Cosa non va nel decreto Di Maio: obiettivi nobili, ma norme troppo spesso sbagliate, confuse o in contraddizione con quanto promesso. Tanti dubbi sulle nuove regole per le imprese, per la semplificazione fiscale, per la lotta al gioco d’azzardo, per il settore sportivo e per il mercato del lavoro. Per ridare dignità e opportunità alle lavoratrici, ai lavoratori, alle imprese e soprattutto ai giovani d’Italia serve ben altro.
Il decreto-legge Di Maio sfiora molti campi diversi con tante nuove norme che si prefiggono obiettivi nobili quali il contrasto alla precarietà, il contrasto alle delocalizzaz
Delocalizzazioni: non si possono punire le aziende che si accettano i cambiamenti
Il DL introduce delle sanzioni per quelle aziende italiane ed estere che delocalizzano le proprie attività in paesi che non appartengono allo Spazio Economico Europeo entro 5 anni dall’aver usufruito di un beneficio statale. Il DL in realtà riprende ed estende delle disposizioni già
E’ assolutamente sacrosanto chiedere alle aziende di rendere conto se con una mano accettano contributi pubblici e con l’altra spostano posti di lavoro fuori dal paese. Dall’altra è importante evitare qualsiasi atteggiamento punitivo o sanzionatorio nei confronti di chi prova a fare impresa nel nostro paese, specie nei casi di nuove aziende o piccole e medie imprese.
Per questo motivo servono regole chiare e flessibili. In un mondo globale inter-connesso i modelli di produzione e distribuzione diventano sempre più complessi e l’intervento dello Stato, per quanto fondamentale per risolvere i fallimenti dei mercati e agire contro le disuguaglianze tramite la redistribuzione della ricchezza, può diventare nocivo se impone troppi divieti e oneri.
La priorità deve essere quella di mantenere in Italia posti di lavoro, non punire le aziende che si organizzano per adattarsi a un mondo in continua evoluzione. Per questo motivo il PD aveva proposto che nel caso in cui all’azienda che delocalizza subentra un altro acquirente che riesce a mantenere i medesimi livelli occupazionali, l’azienda non sarà punita e non le verranno applicate le sanzioni previste. I cicli economici sono sempre più brevi e le nuove sfide contro cui si scontrano le nostre aziende sempre più varie. Per questo
Per lo stesso motivo avevamo proposto di escludere dal rimborso dell’iper-ammortamento quelle aziende che spostano i beni oggetto del beneficio solo temporaneamente all’estero. Esistono inoltre delle motivazioni oggettive che inducono le aziende a spostare la propria attività altrove, come nel caso di calamità naturali. Se un’azienda delocalizza dopo un terremoto, non deve essere punita e obbligata a restituire il contributo pubblico di cui aveva beneficiato e qui sarebbe valsa la pena di aggiungere maggiore chiarezza al testo del decreto.
In difficoltà le imprese che puntano alla internazionalizzazione
Seppur migliorata con il nostro emendamento a firma Moretto-Benamati approvata, la definizione stessa di cosa costituisce delocalizzazione r
Se questo decreto diventa legge dello stato, una camiceria di Nola con 10 dipendenti che durante la crisi usufruisce di un credito agevolato tramite un fondo di garanzia e che 5 anni dopoapre un punto vendita a Zurigo, in Svizzera – quindi fuori dallo spazio economico europeo – inviando in quel paese due dipendenti, dovrà
Investimenti: il decreto penalizza le imprese che vogliono espandersi nei paesi emergenti
Investimenti di cui il nostro paese ha disperato bisogno, specie nel nostro meridione. Sebbene in grande ripresa negli ultimi anni, anche grazie a iniziative come ‘Destinazione Italia’ attuate dai governi Letta, Renzi e Gentiloni, siamo ancora molto indietro. I flussi in entrata di investimenti diretti esteri non arrivano nemmeno all’1.7% del PIL mentre la quota degli investimenti complessivi
Solo con una ripresa decisa degli investimenti potremmo affrontare la sfida dell’innovazione e della produttività rilanciando l’occupazione. Soprattutto adesso che la Banca Centrale Europea si avvia alla conclusione della fase di acquisto dei nostri titoli di stato e probabilmente a un rialzo dei tassi di interesse, occorre fare di tutto per sostenere la ripresa.
Invece, questo decreto rischia di penalizzare quelle aziende che intendono perseguire delle opportunità di espansione nei mercati emergenti e quindi di beneficiare dell’affacciarsi
Oltre agli investimenti finanziari, sarebbe stato utile anche incentivare il rientro di capitale umano attraverso l’estensione degli sgravi fiscali previsti dalla Legge Controesodo del 2010 per i lavoratori italiani all’estero che decidono di rientrare in Italia, comeavevamo proposto.
Fisco: una manovra populista per raccogliere consensi effimeri
In termini di semplificazione fiscale sono state disattese le promesse del governo del cambiamento. Lo scorso 7 giugno il Ministro Di Maio all’assemblea della Confcommercio affermava: ‘aboliremo tutti gli strumenti come lo spesometro e il redditometro’. In realtà questo decreto non abolisce nulla.
L’articolo 10 si limita a modificare la procedura per individuare i criteri del redditometro che rimane come strumento di accertamento sintetico del reddito.
L’articolo 11 rinvia di qualche mese l’applicazione dello spesometro, che comunque rimane. Anche la fatturazione elettronica nel caso dei rivenditori di carburante viene rinviata di qualche mese. Aldilà delle promesse disattese, questi rinvii mandano il segnale sbagliato dopo anni di successi sul fronte della lotta all’evasione fiscale culminata nel 2017 con il recupero di 25 miliardi di euro, oltre 1.3% di PIL.
È una manovra populista nel senso che intende raccogliere consensi effimeri nel breve termine, magari mentre si prepara l’ennesimo condono, ma pregiudica il contratto tra contribuenti onesti e lo Stato nel lungo termine. Si vuole aiutare chi non riesce a pagare le tasse ? Benissimo, allora compensiamo le cartelle esattoriali di quelle imprese o professionisti che hanno crediti con la pubblica amministrazione, come proposto da altre forze dell’opposizione.
Lotta al gioco d’azzardo: poca roba
In termini di lotta al disturbo da gioco d’azzardo si poteva fare molto di più. È giusto agire per combattere questa grave piaga sociale in espansione nel nostro paese. Come ricorda un’indagine dell’Espresso, ogni anno gli italiani spendono 1.500 euro a testa per l’azzardo contro nemmeno 60 euro per l’acquisto di libri. Le macchine da gioco da noi sono quasi 400mila, una ogni 151 abitanti, una percentuale altissima (in Germania una ogni 261 abitanti, in Spagna una ogni 245). Per questo motivo occorre andare oltre al solo divieto della pubblicità. Anche questa sembra una misura cosmetica dato che la pubblicità degli apparecchi da divertimento, appunto le slot, il settore di gran lunga più problematico per il disturbo da gioco d’azzardo, è prossima allo zero.
Inoltre, in assenza di un approccio organico e olistico di contrasto al fenomeno, il solo divieto della pubblicità nel settore del gioco online rischia paradossalmente di favorire il gioco d’azzardo illegale dato che quello legale non avrà più modo di promuoversi e distinguersi agli occhi dei giocatori da quello illegale, come illustra la relazione tecnica del decreto che richiama la raccomandazione della Commissione Europea del 14 luglio 2014.
Il testo è comunque migliorato no
Con gli emendamenti del Partito Democratico, con l’istituzione del monitoraggio nazionale e di una banca dati proposta dell’onorevole Carnevali e l’introduzione con l’emendamento Ascani-
Ma si poteva andare oltre. Si sarebbe potuto perme
Un colpo di spugna sulle riforme dello sport
Le disposizioni dell’articolo 13 aboliscono le riforme nel settore dello sport del governo Gentiloni a scapito dei tanti operatori nel mondo dello sport dilettantistico e dei laureati in scienze motorie che non potranno più beneficiare della copertura dell’INPS e che dovranno andare avanti a suon di rimborsi spese. Vedo ben poca dignità in questo provvedimento se non l’intenzione di passare un colpo di spugna sugli interventi del governo precedente.
Misure per il mercato del lavoro: forti dubbi
Rimangono forti dubbi anche sugli articoli relativi al mercato del lavoro. Per combattere la precarietà occorr
Il combinato disposto tra la reintroduzione dei voucher e i limiti imposti ai contratti determinati in termini di durata, costi dei contributi previdenziali e numero di proroghe, porteranno ad un aumento della precarietà e della disoccupazione. Il numero di contratti a tempo determinato è nella media europea, ovvero poco sopra il 16% del totale secondo i dati dell’OECD. Il vero punto sul quale agire è il cuneo fiscale, quello si tra i più alti a livello europeo. Ci rallegriamo dell’introduzione all’ultimo momento di misure per agire su questo fronte.
Purtroppo constatiamo che sono la brutta copia delle misure introdotte dai governi Renzi-Gentiloni che prevedono l’estensione dell’esonero del 50% dei contributi per i neo-assunti fino ai 35 anni dall’attuale soglia di 30 anni per il biennio 2019-2020. Inoltre, la reintroduzione delle causalidopo 12 mesi pone il serio rischio che molte aziende preferiranno non rinnovare il contratto per sfuggire al rischio di un aumento dei contenziosi. Insomma, questo decreto invece di stabilizzare i precari sembra incentivarne il licenziamento.
Misure cosmetiche che possono distruggere il lavoro che esiste
In conclusione, questo decreto si prefigge come obbiettivo quello di ridare dignità ai lavoratori e alle aziende d’Italia. In realtà contiene una serie di interventi cosmetici che non cambieranno nulla nella vita delle persone. E’ un decreto a costo zero che non investe su nulla. E vero, non si crea lavoro con le leggi. Ma le leggi sbagliate o confuse possono distruggere il lavoro che esiste. Questo decreto serve solo a nutrire la narrazione mediatica del governo con slogan allettanti: stop alla precarietà, stop alle delocalizzazioni bastonando le nostre imprese con nuovi divieti, nuovi obblighi e illudendo i miei coetanei che queste misure basteranno a trasformare il loro contratto determinato in un contratto indeterminato.
Alcune proposte per ridare davvero dignità ai giovani e ai lavoratori
Per ridare davvero dignità e o
Eletto per il Pd nella circoscrizione Estero, collegio Europa, è oggi un deputato di Italia Viva. A Londra dal 2005. Studi alla London School of Economics and Political Science. Ha rilanciato l’associazione degli studenti italiani, la LSE Italian Society, e si è impegnato con la London Living Wage Campaign. Master in Public Administration in Economic Policy (Columbia University, New York). Dal 2009 lavora in un istituto finanziario nel campo degli investimenti nei paesi in via di sviluppo. Dal 2017 segretario del circolo PD Londra & UK Decio Anzani. Membro del direttivo di Future Dem e della Presidenza nazionale di Libertà Eguale.