di Dario Parrini
Intanto in Spagna tutte le classiche regole del gioco potrebbero essere sovvertite…
Stando ai sondaggi sulle elezioni anticipate spagnole del 28 aprile (che danno i socialisti del Psoe al 25%, la destra dei popolari del Pp al 18%, i centristi di Ciudadanos al 17%, la sinistra radicale di Podemos al 14%, l’estrema destra di Vox al 12%), la domanda delle domande è: avremo alla fine un bis nazionale delle regionali andaluse dello scorso dicembre e cioè un governo “del tutto inedito” con ministri del Pp e di Ciudadanos dipendente dal sostegno esterno dell’estrema destra fascistoide di Vox?
In Andalusia, dopo le elezioni, c’erano i numeri per un governo di grande coalizione e di blocco democratico tra Psoe e Pp (rispettivamente primo e secondo partito) e anche per un governo tra Psoe e Ciudadanos (primo e terzo partito) con appoggio esterno di Podemos.
Eppure la conclusione dello stallo postelettorale è stato un governo tra Pp e Ciudadanos (secondo e terzo partito) con presidente Pp e appoggio esterno del quinto partito (il molto estremista e razzista Vox).
In questo slittamento a destra di Ciudadanos ha senz’altro pesato lo sbilanciamento di Sanchez verso i partiti nazionalisti e indipendentisti al fine di far sopravvivere il più a lungo possibile il suo precario governo uscito dalla mozione di sfiducia a Rajoy.
Sindaco di Vinci dal 2004 al 2013. Parlamentare Pd dal 2013, è stato Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato dal 2020 al 2022. Attualmente ne è Vicepresidente.