di Pietro Ichino
Durante la settimana dell’elezione del CdS il contrasto fra l’inefficacia del comportamento velleitario e avventato del leader M5S e l’efficacia del comportamento di due politici di razza è emerso con evidenza: uno non vale uno
Nei giorni della caotica elezione del Capo dello Stato tutti hanno potuto toccare con mano che “la classe (politica) non è acqua”. Le capacità, la conoscenza dei meccanismi istituzionali e l’esperienza indispensabili perché un’azione politica sia efficace non si acquistano dall’oggi al domani.
Nella settimana tra il 24 e il 30 gennaio tutti hanno visto il leader del M5S Giuseppe Conte parlare troppo e muoversi su un terreno minato in modo ingenuo e goffo, giocare avventatamente carte diverse su tavoli diversi, oltretutto senza informarne Enrico Letta, che in partenza era suo alleato; poi commettere per pura vanità un errore clamoroso: quello di raggiungere un ipotetico accordo con lo stesso Letta e Salvini sul nome di Elisabetta Belloni e cinque minuti dopo bruciarlo dandolo in pasto ai social media prima ancora che l’intesa avesse potuto consolidarsi.
Tutti hanno visto, invece, l’abilità con cui i leader di PD e IV Letta e Renzi hanno perseguito il loro comune obiettivo principale (l’elezione di Draghi) e il piano B (quello alla fine risultato vincente: B non certo per un suo minor valore, ma solo per la forte contrarietà del candidato Mattarella!) mantenendo bassi i toni, giocando di rimessa ed evitando che i due nomi potessero diventare dei candidati di bandiera.
In quella settimana il contrasto fra l’inefficacia del comportamento velleitario e avventato dell’“impolitico” leader M5S e l’efficacia del comportamento di due politici di razza è emerso con evidenza solare.
Così come è emerso il contrasto fra l’inettitudine politica del leader del M5S e l’abilità acquisita pian piano, con intelligenza e anche umiltà, dal suo antagonista interno, Luigi Di Maio.
Non è un caso: Giuseppe Conte è stato scelto come leader da un altro analfabeta politico: il Garante Beppe Grillo. Ed è sotto gli occhi di tutti la catastrofe del M5S prodotta dal combinarsi di due così gravi imperizie.
La politica ha le sue regole che il quivis de populo non conosce; e richiede qualità personali che sono necessariamente pochi ad avere: per questo, al dunque… uno non vale uno.
Tratto da www.pietroichino.it
Già senatore del Partito democratico e membro della Commissione Lavoro, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Ordinario di Diritto del lavoro all’Università statale di Milano, già dirigente sindacale della Cgil, ha diretto la Rivista italiana di diritto del lavoro e collabora con il Corriere della Sera. Twitter: @PietroIchino