di Stefano Ceccanti
Presidente, il testo del disegno di legge di bilancio così come era uscito da questa Camera aveva due gravi problemi.
Il primo problema era quello della violazione evidente dell’articolo 81 della Costituzione, perché si ricorreva ad un peggioramento del deficit strutturale in assenza delle condizioni che l’articolo 81 indica chiaramente, tendenza contraria al ciclo ed eventi eccezionali; ma era grave anche e soprattutto perché ci portava all’infrazione europea, oltre alla gravità simbolica di aver dovuto vedere dei parlamentari fare la claque del Governo sotto Palazzo Chigi, scena mai vista prima e che speriamo di non rivedere più (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ora il testo che arriva dal Senato non viola l’articolo 81, e questo è già un bene, e soprattutto non ci porta all’infrazione europea, e questo va bene, perché quello che è bene per l’Italia è bene per noi. Noi ragioniamo così, non a rovescio: quello che è bene per l’Italia è bene per noi.
E però si è aperta un’altra falla, quella dell’articolo 72: perché vedete, si può leggere in tanti modi l’articolo 72, ma certo non si può far dire all’articolo 72 che si possa mettere in votazione un testo che i deputati non sono in grado di conoscere, perché conoscere per deliberare è un punto chiave di qualsiasi assemblea deliberativa, specialmente se è un’assemblea parlamentare, e non si era mai visto prima che su una legge di bilancio si ricorresse ad un maxi-emendamento in Aula su un testo diverso da quello delle Commissioni di merito. Qui la violazione dell’articolo 72 c’è tutta!
Per questo colgo l’occasione di ringraziare i professori, nonché avvocati, Caravita, Cecchetti, De Vergottini, Falcon, Lucarelli, Onida e Randazzo, che hanno costruito il conflitto di attribuzioni su richiesta del gruppo PD in Senato, che è stato depositato questa mattina, e in cui pienamente ci riconosciamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Perché vedete, in un’Assemblea che funziona dovrebbero essere anzitutto il Governo che non chiede di fare cose che non si possono fare, come mettere in votazione i testi che non sono conoscibili, e dovrebbero essere le Assemblee, le Presidenze di Assemblea che funzionano in modo imparziale e non come terminale passivo del Governo a garantire i diritti di tutti noi.
Non ci si può rifugiare in una mistica dell’imparzialità quando si prendono decisioni di parte. Essere imparziali vuol dire, prima o poi, scontentare la propria parte. Se non scontenti mai la tua parte vuol dire che non sei imparziale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), questo è il test chiave. E, quindi, giustamente è stato fatto questo conflitto di attribuzioni, che affidiamo alla saggezza della Corte, precisamente contro il ruolo delle presidenze di Assemblea, non arbitrale, e contro il ruolo sbagliato del Governo.
Vorrei concludere con una frase. L’intellettuale spagnolo antifranchista Salvador de Madariaga diceva: “Gubernar no es asfaltar”. Per voi, invece, governare è asfaltare; è asfaltare Radio Radicale, che assicura la trasparenza a queste sedute (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico); è asfaltare giornali liberi come Avvenire e il Manifesto, con cui a volte possiamo non essere d’accordo, ma che sono esempi riusciti di integrazione; è asfaltare le garanzie dei singoli parlamentari e dei gruppi. Governare non è asfaltare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Vicepresidente di Libertà Eguale e Professore di diritto costituzionale comparato all’Università La Sapienza di Roma. È stato Senatore (dal 2008 al 2013) e poi Deputato (dal 2018 al 2022) del Partito Democratico. Già presidente nazionale della Fuci, si è occupato di forme di governo e libertà religiosa. Tra i suoi ultimi libri: “La transizione è (quasi) finita. Come risolvere nel 2016 i problemi aperti 70 anni prima” (2016). È il curatore del volume di John Courtney Murray, “Noi crediamo in queste verità. Riflessioni sul ‘principio americano'” , Morcelliana 2021.