di Enrico Morando
Dieci minuti sono pochi per illustrare un documento di 70 pagine, ma sono sufficienti per chiarire quale sia il fondamento ideale e politico della mozione proposta da Stefano Bonaccini.
1- Prima di tutto, il ritorno del tema della guerra: qui in Europa, per iniziativa di una grande potenza nucleare. “È uno spartiacque storico per tutta la comunità internazionale… È in gioco l’ordine internazionale fondato sulla pace, sul diritto, sulla libertà e l’autodeterminazione“.
Putin punta a sovvertire questo ordine internazionale, sia per mantenere il suo potere autocratico contro il suo stesso popolo, sia per coltivare i suoi sogni imperialisti.
Se è così -ed è così- fornire all’eroico popolo ucraino tutto l’aiuto necessario, a partire da quello militare, non risponde solo ad un principio di solidarietà con l’aggredito, ma al nostro vitale interesse: se Putin dovesse prevalere, l’intero ordine internazionale sarebbe minacciato e verrebbero meno le condizioni della libera e pacifica convivenza tra i popoli.
Il PD diretto da Bonaccini lavora dunque per la pace, ma vuole una pace “giusta“, e si impegna ad incalzare il governo Meloni perché si continui a “difendere una popolazione altrimenti soccombente e il principio di non aggressione su cui si fonda l’ordine internazionale“.
È la posizione che ha ispirato il PD nella recente votazione in Parlamento sull’invio di armi all’ Ucraina. Altre forze di opposizione hanno scelto diversamente, ma questo non ci induce ad alcuna incertezza o ripensamento: di fronte alla minaccia all’ordine internazionale fondato su principi democratici non c’è esigenza di manovra tattica o di alleanza politica che possa prevalere.
2- Vengo così al secondo caposaldo della mozione: “solo una grande forza politica a vocazione maggioritaria può cambiare il Paese“.
“ Vocazione maggioritaria non significa autosufficienza o isolamento. Significa rimettere il PD al centro di un’alternativa possibile“.
Significa -qui uso parole mie- riproporre il PD come PERNO di uno schieramento che possa farsi protagonista di un’alternativa di governo al destra-centro.
È la funzione politica che è stata descritta, per il PD, dal Manifesto dei valori del 2008.“Per questo -si legge nella mozione- abbiamo rivendicato la bontà del progetto e del Manifesto dei valori,…, per ribadire la funzione per la quale il PD lo abbiamo fondato“.
Su questo punto, il Congresso deve fare chiarezza: in questi ultimi anni abbiamo magari pronunciato le parole “PD, partito a vocazione maggioritaria“, ma abbiamo praticato la priorità delle alleanze politiche-ricordiamo tutti “l’alleanza strategica“ col M5S, sotto la guida di Conte “riferimento del progressismo europeo“. Risultati: 1) centrosinistra senza un partito-perno, che garantisca la leadership e la credibilità programmatica dell’intera coalizione; e 2) nessuna alleanza politica.
Perché il destra-centro ha potuto apparire agli elettori -e quindi essere- una credibile soluzione per il problema del governo del paese? No. Non è perché sono stati più bravi di noi a nascondere le loro divisioni, che pure erano e sono profonde. È perché al suo interno si è affermato un partito a vocazione maggioritaria, che con la sua leadership e la sua capacità espansiva (sia pure a danno degli alleati), ha garantito la credibilità dell’insieme.
Dunque, basta con la centralità della politica delle alleanze politiche. Investiamo tutte le nostre energie su noi stessi, “rimettiamo il PD al centro di un’alternativa possibile. Significa abbandonare ogni residuo di subalternità che ha finito per sostituire la ragione sociale del nostro partito con le alleanze in sé. Che poi non sono venute… Le alleanze le costruiremo a tempo debito, con chi vorrà starci, partendo dai programmi e da una condizione di forza”.
3- Ecco, i programmi. Nove decimi delle pagine della mozione sono dedicati ad illustrarli. Il Bignami non è né possibile, né utile. Mi limito quindi a segnalare -dopo attenta lettura delle altre mozioni- che molte delle soluzioni indicate -problema per problema- sono comuni. Nè potrebbe essere altrimenti: non è un caso che i candidati stiano nello stesso partito…
Mi limito quindi a segnalare una caratteristica che distingue la mozione Bonaccini da quella di Schlein: riguarda il rapporto tra crescita economica e contrasto della disuguaglianza.
“La crescita economica non è una condizione sufficiente per creare una piena e buona occupazione, né per avere uno sviluppo sostenibile sul piano sociale e ambientale. Ma resta una condizione necessaria“.
È costante -nella mozione- questo sforzo di coniugare in modo coerente, nel programma, crescita economica, transizione ambientale e riduzione delle disuguaglianze. Facendo in modo che, nel programma, ogni scelta venga fatta tenendo in equilibrio queste tre componenti.
Se si cede alla tentazione di privilegiare l’una dimensione a scapito dell’altra-per esempio affermando unilateralmente la priorità della redistribuzione rispetto alla crescita-, si riduce la credibilità e il realismo della proposta di governo, finendo per pregiudicare anche l’obiettivo che si vuole privilegiare.
Bonaccini è figlio della tradizione emiliana : alta crescita, tutela ambientale e diffusione dell’eguaglianza. Sa come fare a tenerle assieme.
4- Infine, la struttura del partito-organizzazione. Anche a questo proposito, molte soluzioni sono comuni alle mozioni, specie dove sottolineano che lo Statuto prevede istituti di partecipazione degli iscritti e degli elettori che non sono mai stati attivati. Speriamo che questa concordia consenta di farlo, dopo il Congresso.
Voglio invece insistere sul nodo “primarie“ e sulla conseguente contendibilità di linea politica e leadership di fronte agli elettori del PD.
La mozione Bonaccini è netta: “l’esperienza delle Primarie introdotta dal PD ha rappresentato una innovazione profonda della politica italiana…, dalla quale non intendiamo tornare indietro“.
Non mi sembra inutile richiamare il punto: ancora qualche settimana fa, nel Comitato per il Manifesto dei valori, c’è stato chi ha proposto di abbandonare le Primarie. E, da sempre, c’è chi vorrebbe imprigionarle dentro la gabbia di elenchi rigidi e precompilati di elettori….
Una seconda osservazione riguarda l’indicazione -comune alle diverse mozioni- circa il rafforzamento del 2 × 1000 ai partiti politici. Mi piacerebbe che si passasse, finalmente, dalle parole ai fatti. Abbiamo, in proposito, gigantesche potenzialità, ma forse noi non lo sappiamo: senza che ci sia un lavoro politico organizzato, al centro e in periferia, ben 464.074 cittadini italiani -nel giorno dell’anno 2021 in cui certo non erano ben disposti verso lo Stato, la politica e i partiti (era il giorno in cui vedevano quanto pagavano di Irpef-, hanno messo la sigla del PD e la loro firma sotto la scelta per il 2 × 1000. Sono ben il 34,11% dei cittadini che assegnano il 2 × 1000. Il secondo partito, per numero di indicazioni, è Fratelli d’Italia. Non arriva alla metà delle indicazioni del PD.
Confrontate questo dato col numero degli iscritti, e ditemi se è vero no che, da anni, noi stiamo dilapidando un patrimonio di fiducia che, nel Paese, resiste di fronte ad ogni avversità. Proviamo, una buona volta, ad andargli incontro.
Presidente di Libertà Eguale. Viceministro dell’Economia nei governi Renzi e Gentiloni. Senatore dal 1994 al 2013, è stato leader della componente Liberal dei Ds, estensore del programma elettorale del Pd nel 2008 e coordinatore del Governo ombra. Ha scritto con Giorgio Tonini “L’Italia dei democratici”, edito da Marsilio (2013)
Ottimo,condivido……bisogna dare più forza a queste posizioni e trovare il modo di renderle più forti e maggioritarie nel partito,mi riferisco alle idee del riformimo liberalsocialiste. Buon lavoro