di Umberto Minopoli
Il bilancio dello Stato dovrebbe essere intangibile. Specie in fase di elevati deficit pubblici e alto debito sovrano. Il principio del pareggio di bilancio, un principio liberale classico, dovrebbe essere, più che mai oggi, la regola di salvaguardia. E, invece, anche la sinistra riformista nel recente passato l’ha combattuto.
Il bilancio dello Stato: bene pubblico per eccellenza
Il bilancio dello Stato, la somma di tutte le spese e di tutte le entrate della nazione, della comunità, è il Bene pubblico per eccellenza che i politici, delegati col voto, sono chiamati ad amministrare.
I liberali, con la barba bianca, ne facevano una religione (il bilancio come portafoglio del popolo). Come un qualunque capofamiglia o amministratore delegato il deficit di bilancio (eccesso di spese in uscita sulle entrate) e il debito (obbligazioni nel tempo verso terzi) sono misure della performance dell’amministratore che dovrebbero suonare sanzione per gli sforamenti. Sforamento è: deficit e debito che si alimentano nei successivi esercizi di bilancio senza rientro, non coperti da entrate certe previste o da investimenti, possibili in deficit se ritorneranno come proventi, fiscali o di entrate, per lo Stato. Una famiglia assennata, senza sapere di economia finanziaria, amministra il suo budget con queste accortezze. Che costituiscono il principio del “pareggio di bilancio”.
Il pareggio di bilancio
A noi ce l’ha imposto l’Europa. Incontrando l’opposizione anche della sinistra. Per una distorsione e vecchiezza culturale. Il principio del pareggio è stato sempre avversato dagli economisti di sinistra e keynesiani, sostenitori del deficit spending. Un principio giusto ma che valeva in fasi di crescita debole o stagnante ma per Stati sovrani (nell’uso della moneta) e a basso indebitamento estero. E che potevano decidere sui tassi di interesse.
L’idea era che, spendendo in deficit, si immette liquidità, moneta, in circolazione, si alimentano consumi e domanda e l’economia si riprende. Era così’ nell’economia fino agli anni 60.
Lo Stato non è più sovrano
Oggi è tutto diverso: lo stato non è più sovrano né sulla propria moneta né sul proprio debito, né sui tassi di interesse che può praticare; il bilancio degli Stati non è più flessibile ma rigido (la gran parte è fatta di spese obbligate) e un governo non può più muoverne a piacimento cifre e partite; le spese pubbliche (deficit spending) non sono più elastiche: anzi, sono spesse improduttive, pagano inefficienze, non alimentano né domanda e né investimenti e si risolvono in spreco; i tempi del debito pubblico da restituire non sono in raccordo con i ritorni (ove ci sono) del deficit spending. Il risultato è più deficit, più indebitamento a, alla fine, il default. O la copertura con le tasse dei buchi di entrate.
Per tutte queste ragioni il keynesismo, idolo della sinistra, non può più essere separato e opposto al rigore di bilancio. E garantito dal principio liberale del pareggio: un principio tutore e di riferimento. E dalla regola di un’autorità indipendente che vigili sull’uso della moneta e sui conti pubblici.
Le autorità indipendenti sotto l’attacco dei populisti
Queste autorità sono due: la Banca Centrale (per chi stampa moneta) e la Ragioneria dello Stato. Per noi la Banca Centrale è la BCE (per questo dovremmo avere anche il bilancio europeo): la più essenziale e urgente delle riforme europee. La Ragioneria centrale, invece, è ancora nazionale. E dovremmo salvaguardarla. Sottraendola agli assalti dei 5 Stelle.
I populisti danno l’assalto ad ambedue le autorità di regolazione e/o controllo (BCE e Ragioneria dello Stato). Per tornare alla idea del Bilancio Pubblico come luogo da maneggiare, saccheggiare e manovrare a piacimento a fini elettorali. La gente deve capire che oggi il Bilancio è rigido e non più flessibile: il deficit spending elettorale significa oggi solo più tasse o tagli di servizi pubblici o default economico ed esplosione del debito sovrano. Le regole liberali di governo dell’economia e del bilancio pubblico non sono vecchiezze austere e rigoriste. Ma la riforma aurea del futuro delle nostre economie. Per questo anche la sinistra farebbe bene a correggere vecchie illusioni e luoghi comuni… keynesiani (spesso caricature o malintesi).
Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare. Ha lavorato nel Gruppo Finmeccanica e in Ansaldo nucleare. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro delle Attività Produttive tra il 1996 e il 1999. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro dei Trasporti dal 1999 al 2001. Consigliere del Ministro dello Sviluppo Economico per le politiche industriali tra il 2006 e il 2009.