di Pietro Ichino
Non si tratta di reclutamento coatto, ma soltanto, superata la fase più critica dell’epidemia, di stabilire che – rispettate le misure di sicurezza – possono tornare al lavoro le persone che corrono i rischi minori
In un precedente editoriale ho spiegato perché temo che dal protrarsi della paralisi del tessuto produttivo possano derivare pericoli anche peggiori della stessa epidemia per la nostra sicurezza e la nostra salute: l’infarto del sistema economico e la bancarotta dello Stato farebbero più morti del coronavirus.
Quando sarà stata superata la fase più grave dell’epidemia, dunque, proprio per la protezione della nostra salute e sicurezza sarà più prudente correre qualche ragionevole rischio immediato per ridurre la durata e la portata della paralisi, piuttosto che protrarre un lockdown totale.
L’idea,proposta da un gruppo di economisti e fatta propria dal sindaco di Milano Beppe Sala, è quella di incominciare col consentire la ripresa del lavoro dei più giovani, per i quali il Covid-19 è molto meno pericoloso.
Già si sono levate le prime proteste: “Si sacrifica la salute dei giovani sull’altare dell’economia!”. No: si chiede loro di correre un rischio modesto, per evitare una catastrofe per tutti. Lo Stato ha titolo per chiederlo? Sì. Alla generazione precedente alla mia è stato chiesto di esporre la vita a rischi molto più gravi di questo, in guerre che lo meritavano molto meno di quella contro il coronavirus.
Se l’articolo 52 della Costituzione – che impone a ogni italiano il “dovere sacro” di difendere la Patria anche mettendo a rischio la vita – ha ancora un senso, esso legittima lo Stato a chiedere a persone di età nella quale un tempo si veniva mandati al fronte, o si era comunque soggetti all’obbligo della leva, di separarsi per qualche settimana dalla famiglia ed esporsi a un modesto rischio per la salute, per evitare un rischio mortale per il Paese.
Si tratta solo di consentire gradualmente alle imprese – rispettate determinate misure di sicurezza – di riavviare la produzione con personale fino a un certo limite di età, offrendo ai “richiamati” non single ospitalità a spese dello Stato in uno dei centomila alberghi oggi disperatamente vuoti.
(Già pubblicato su www.pietroichino.it)
Già senatore del Partito democratico e membro della Commissione Lavoro, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Ordinario di Diritto del lavoro all’Università statale di Milano, già dirigente sindacale della Cgil, ha diretto la Rivista italiana di diritto del lavoro e collabora con il Corriere della Sera. Twitter: @PietroIchino