LibertàEguale

Il messaggio dei Giusti nei giorni del Coronavirus

di Giovanni Cominelli

 

La Giornata dei Giusti, fissata da Parlamento europeo per il 6 marzo di ogni anno, quest’anno è slittata a data da destinarsi, causa Covid-19. Ogni anno nello spazio verde del Giardino dei Giusti, ritagliato nel 2003 ai piedi del Monte Stella, una collina costruita con le macerie dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale su Milano, si piantumano alberi e si collocano lapidi per ricordare persone, vive o morte, che hanno testimoniato con le loro scelte un’assunzione di responsabilità nei confronti degli altri. E così accade nelle centinaia di Giardini dei Giusti sparsi in Italia e nel mondo.

 

La Giornata dei Giusti

Quest’anno sono stati scelti per il riconoscimento di “Giusto” sei testimoni della responsabilità:

– Hevrin Khalaf, attivista curda dei diritti umani, impegnata nella difesa delle donne, massacrata ad Abyad il 12 ottobre 2019 da terroristi islamisti;

– Yusra Mardini, una giovane nuotatrice siriana, che ha portato in salvo, a nuoto, un gommone di migranti diretto a Lesbo, che stava affondando, e poi con la famiglia ha raggiunto dopo straordinarie peripezie la Germania;

– Wallace Broecker, scienziato americano, che ha introdotto fin dal 1975 nel dibattito scientifico mondiale il tema del cambiamento climatico, morto il 19 febbraio del 2019;

– Valerij Legasov, il chimico sovietico che, avendo denunciato pubblicamente la gravità del disastro di Chernobyl del 26 aprile 1986, fu perseguitato e emarginato dalle autorità sovietiche e morì suicida nel 1988;

– le “Donne di Rosenstrasse”, che nel febbraio/marzo del 1943, salvarono circa 2000 ebrei, loro mariti, con una protesta coraggiosa nella via di Berlino, da cui prendono il nome;

– Piero Martinetti, filosofo italiano, morto nel 1943, uno degli undici professori universitari su 1.225, che rifiutarono il giuramento di fedeltà al regime fascista.

Si tratta di storie del tutto eterogenee, accadute ciascuna in uno spazio-tempo reciprocamente lontano, ma legate dalla scelta di testimoniare esistenzialmente la verità, la libertà, l’amore del prossimo al cospetto di poteri e di autorità costituite ostili. Hanno testimoniato, per lo più, nel mezzo di circostanze drammatiche o tragiche, fino a mettere in gioco la propria vita o la propria tranquilla posizione sociale.

La “metodologia del testimone” è il fondamento di ogni azione educativa, che la società adulta deve necessariamente sviluppare nei confronti delle giovani generazioni, se vuole trasmettere la civiltà, che a sua volta ha ricevuto. Richiamarla e praticarla ogni anno, gettando un fascio di luce sui Testimoni, è ciò che fa, da tempo, Gariwo (è l’acronimo di Gardens of the RighteousWorldwide).

Non c’è rischio che la scadenza del 6 marzo si trasformi in occasione di reiterazione burocratica o in una di quelle tante “giornate mondiali”, alcune decisamente fatue e inventate a fini puramente commerciali, di cui il calendario mondiale è ormai saturo. Soltanto nel mese di Marzo, oltre a quella della Donna, sono previste l’11 quella del Sonno, il 13 quella del Rene, il 14 quella del Pi-greco, il 17 quella delle Torte, il 20 quella della Felicità, il 21 quella della Pace interiore, il 31 quella del Back up. Il 13 aprile sarà la giornata del Bacio, benché sia probabile un rinvio…

 

Chiamati a testimoniare la responsabilità

No, l’avvento imprevisto del Covid-19 ha reso ancora più forte l’urgenza della chiamata alla responsabilità individuale e dell’attenzione alle testimonianze di chi l’ha esercitata. Il dramma in corso in queste ore ha fatto emergere, quasi fosse una legge della storia, tutto l’arco delle tendenze della natura umana, di quello che la Bibbia chiama “il cuore dell’uomo”: dall’estremo della fuga, della viltà, del “si salvi chi può”, dell’odio per l’altro vissuto come minaccia fino, dall’altro lato, alla dedizione quotidiana di sé del personale sanitario e dei volontari, fino al sacrificio della propria vita.

E’ ciò che ha fatto il dott. Li Wenliang, un martire della morale compassionevole confuciana, morto a 34 anni a Wuhan il 7 febbraio 2020, uno dei primi medici a riconoscere già il 30 dicembre 2019 la pericolosità del nuovo sconosciuto virus, subito convocato il 3 gennaio 2020 dalla polizia di Wuhan per “aver detto commenti falsi su Internet”.

Per la cronaca più deteriore, qualche cattolico intransigente alla Socci è subito corso a battezzarlo post-mortem e a usarlo contro la politica cinese di papa Bergoglio. Li Wenliang non era cristiano, si interrogava come tutti sul senso della propria vita e della storia umana ed ha praticato ciò che di meglio si può ritrovare in ogni uomo, messo alle strette da circostanze drammatiche, quando ti chiedono di scegliere qui e ora da che parte stare.

In effetti, di fronte alle sfide impreviste, non esistono né comandamenti né istruzioni per l’uso né imposizioni, salvo quelle previste dai provvedimenti governativi di politica sanitaria e di disciplinamento delle manifestazioni pubbliche. Sulla soglia delle scelte siamo fatalmente soli. Ci troviamo in una terra di nessuno. Chi fugge, chi resta, chi vive, chi muore. Il messaggio dei Giusti del 6 marzo in quest’anno 2020 ci invita a stare sul lato umano dell’homo sapiens, non su quello animale. Sul lato della relazione con l’altro come costitutiva del nostro essere-nel-mondo. L’altro ci protegge dalla nostra fragilità e noi lo proteggiamo. Tuttavia, quando il mondo rischia di perire, in questa relazione si può rischiare la vita.

 

(Pubblicato su santalessandro.org il 7 marzo 2020)

Lascia un commento

L'indirizzo mail non verrà reso pubblico. I campi richiesti sono segnati con *