di Pasquale Pasquino
Alessandro Campi nell’articolo di domenica 10 novembre su Il Messaggero pone una domanda importante: non conviene al PD chiudere l’esperienza di governo con in 5 Stelle ed andare all’opposizione? A me non convince la sua risposta: gli converrebbe.
Provo a dire perché.
Che il M5S rappresenti un vero inciampo per il PD, non vi è dubbio, come sul fatto che sia particolarmente difficile, per non dire impossibile, governare con loro (copyright Giorgetti). Ma
1- A supporre, come è lecito, che il Movimento sia in crisi profonda, non è sicuro che la crisi si approfondisca mandandolo all’opposizione (come pretende Campi) piuttosto che tenendolo al governo. All’opposizione non dovendo governare può riprendere la retorica anti-élite e antigoverno che in passato ha fatto la sua fortuna. Più sta al governo, più si indebolisce verosimilmente il suo appeal elettorale.
2- Campi sostiene, inoltre, che farebbe bene al PD stare all’opposizione. Anche su questo punto ho qualche dubbio. A me sembra che il destino del PD sia quello di tutte le socialdemocrazie europee: un probabile più o meno lungo declino, al quale può porre rimedio o una trasformazione della socialdemocrazia con un partito ecologista-moderato e giovane (come sta accadendo nel Nord del Continente), oppure con un deciso spostamento verso il centro dello spettro politico (la scelta di Renzi – e prima di lui di Macron). Le due prospettive in Italia sono difficili, per mancanza di moderatismo, la seconda, e di coscienza ambientalista, la prima. Resta la resistenza. Il PD sembra resistere al declino meglio di altri partiti socialdemocratici. E i problemi del declino socialdemocratico sono generalissimi e c’entrano poco con il governo giallorosso, e sono a mio avviso essenzialmente quelli discussi da Guido Tabellini nel suo articolo sul Foglio (https://www.ilfoglio.it/economia/2019/11/10/news/dna-economico-dei-populismi-284810/ )
È pur vero che l’esperienza del governo giallorosso può indebolirlo. Ma se Di Maio non perde il controllo del Movimento (?), la grande maggioranza dei parlamentari 5S vedono la crisi del governo ed elezioni anticipate come la peste. A meno che non servano, per il momento, a far cadere la, per loro, improvvida riforma del numero dei parlamentari.
Zingaretti potrebbe essere più duro con gli alleati di governo e andare a vedere il loro bluff sull’Ilva e altro.
Si deve riflettere anche sul prezzo che il paese pagherebbe se il PD consegnasse oggi il paese alla destra di Salvini. Questa, in politica interna, non ha alcun interesse a prendere posizioni più moderate. I moderati (compresa Carfagna) non sembrano disposti a votare per Salvini e gli elettori di Salvini non sono affatto moderati. Certo le persone con più sale in zucca devono aver spiegato al leader della destra nazionale che fare il bullo con l’Unione Europea serve solo ad isolarlo. Non è che aiuti molto stare con Orban.
Tuttavia, l’ingresso di Salvini nel PPE, con lui al governo, rafforzerebbe decisamente la destra nel Parlamento europeo. E questo non sarebbe un bel regalo italiano all’UE ed al suo difficile futuro.
Intanto se in Italia continua ad esserci un governo esplicitamente filoeuropeo e se in Germania la rigidità delle posizioni dominanti si smorza, magari il paese Italia ce la fa.
Pasquale Pasquino, nato a Napoli nel 1948, è Director of Research al French National Center for Scientific Research (CNRS) nonché docente di Politics and Law alla New York University. Dopo gli studi di filologia classica, filosofia e scienze politiche ha pubblicato ricerche sulla storia delle idee relative allo Stato e alle costituzioni. In anni recenti la sua ricerca si è concentrata sulla giustizia costituzionale in una prospettiva costituzionale. In passato ha lavorato presso il Max Planck Institute di Göttingen, il Collège de France e il King’s College di Cambridge.