di Marco Campione
Un tempo vivevamo tutti in una bolla, quella dei malati di politica. Oggi viviamo in una bollicina, quella dei malati di politica su Facebook. È una bollicina perché -come è noto- l’algoritmo di FB è costruito in modo tale da farti “incontrare” prevalentemente, se non esclusivamente, persone del tuo stesso minimondo. Questa condizione di distorsione cognitiva è rafforzata da un ulteriore elemento che si è sovrapposto negli ultimi anni: il giornalismo è morto, o meglio ha progressivamente abdicato. Incapace di verificare le notizie, troppo faticoso e/o costoso, spogliato di qualsiasi professionalità, e quindi credibilità, da una precarizzazione che ha superato il livello di guardia, si è rassegnato a fare da specchio al minimondo FB nel quale vivono i giornalisti. Anche qui: dalla bolla di chi legge e scrive i giornali alla bollicina di chi legge e scrive i giornali e rilancia le notizie su FB e da FB. E siccome la bolla (oggi bollicina) dei malati di politica si interseca per sua natura con la bolla (oggi bollicina) di chi scrive sui giornali, siamo tutti immersi non più in una bolla ma in una particella di sodio; non interagiamo più con un minimondo, quindi, ma con un micromondo.
Oltre l’algoritmo c’è la complessità
Fin qui credo che siamo più o meno tutti d’accordo. L’unica cosa (appuntiamocelo per le conclusioni) è che tendiamo un po’ tutti a dimenticarcene: la particella di sodio ha consapevolezza di essere piccola piccola solo nella pubblicità, di solito invece è convinta di essere il tutto.
Ci dividiamo invece su che fine abbia fatto il mondo, quello vero. Che fine abbia fatto la complessità. Alcuni pensano che i social ci abbiano talmente plasmato da averla fatta sparire; io credo che i social l’abbiano solo nascosta e che la complessità sia ancora tutta lì, da gestire. Di più: in questi anni di impegno al servizio del mio paese ho maturato la convinzione che il fine ultimo del fare politica sia proprio nel riuscire ad entrare in relazione quotidiana con la complessità. Che è fatta da persone in carne ed ossa. Quelle che un tempo avremmo chiamato il “paese reale”. Paese che certa sinistra ha sempre schifato. Anzi, non sempre: Marx (ma anche Lenin), Gramsci (ma anche Togliatti) avevano ben altri sentimenti verso il paese reale.
Il rapporto con il ‘paese reale’
Non voglio addentrarmi troppo in un terreno che non mi appartiene, quello dell’analisi politologica, lungi da me dare al mio pensiero qualsiasi pretesa di scientificità, ma a mio avviso nel rapporto con il “paese reale” c’è una delle vere discontinuità tra il PD e la sinistra “tradizionale”, tra il PD e le articolazioni dell’ultimo PCI. PCI che ha iniziato a schifare il “paese reale” come reazione alla degenerazione della politica (lo spartiacque è per me la questione morale berlingueriana), confondendo quindi il suo minimondo di riferimento con il mondo. Il PD nasce anche riconoscendo che l’errore dei comunisti non fu (e ci mancherebbe altro!) rifiutare compromessi con la deriva che stava prendendo la politica (e che sarebbe sfociata in Tangentopoli), ma confondere il minimondo della politica con il paese. Trasferendo su di esso quel giudizio “morale” tanto pesante.
Il PD nasce quindi, in ultima istanza, per riconnettere il centrosinistra con il “paese reale”. Lo hanno chiamato, per denigrarlo, partito della nazione. Ma solo chi schifa il “paese reale” può pensare che “nazione” sia una brutta parola.
Questa è la natura che non dobbiamo snaturare oggi che cerchiamo convergenze per costruire alleanze elettorali. Non è in discussione questa o quella misura adottata nei #millegiorni: ogni misura può essere corretta, migliorata, adeguata alle nuove circostanze. Può anzi deve esserlo, in considerazione di una banalità che ci si vergogna perfino a dover esplicitare: la complessità è complessa, mutevole. Il tema non è a mio avviso quello delle abiure, dunque, ma quello di non snaturare il PD, che non deve perdere la sua vocazione non tanto di parlare al paese come a volte erroneamente si dice, ma di rispettarlo; e quindi comprenderlo, accompagnarlo fuori dalla crisi e verso il riscatto e la crescita. Nessuna alleanza con chi schifa il paese. Nessuna alleanza con chi vuole richiudere il PD in una particella di sodio. Coltivando sempre il dubbio che a dispetto delle nostre percezioni nella bollicina viviamo noi e non chi chiede di introdurre l’articolo 18 per le micro imprese, accettando il rischio che in realtà è il “paese reale” ad aver schifo di noi.
Ma soprattutto accettando il fatto che alla fine decide il popolo e solo le elezioni ci diranno quanto è piccola o grande la bolla in cui viviamo.
Esperto di politiche per l’Education, ha lavorato nell’azienda che ha fondato fino a quando non ha ricoperto incarichi di rilievo istituzionale. Approdato al MIUR con il Sottosegretario Reggi, è stato Capo della Segreteria dei Sottosegretari Reggi e Faraone e ha lavorato nella Segreteria del Ministro Valeria Fedeli. Ha collaborato alla stesura de La Buona Scuola, il “patto educativo” che il Governo Renzi ha proposto al Paese. Ha scritto di politica scolastica su Europa, l’Unità e su riviste on line del settore. Il suo blog è Champ’s Version