LibertàEguale

Il Pnrr e la logica euromediterranea del Sud

di Massimo Veltri
Comprendere cosa stia accadendo oggi in Italia implica sostanzialmente accorgersi delle condizioni in cui versa il Mezzogiorno.
Non è retorico né è la prima volta che si affermano tali cose ma a fronte delle constatazioni che affiorano agli occhi di tutti a cosa vale mutare registro se la musica rimane la stessa?
I dati sulla spendibilità dei fondi del PNRR confermano e forse aggravano quanto da tempo era stato denunciato da più parti: le Amministrazioni locali non sono attrezzate in termini di risorse strumentali e umane a seguire e gestire i diversi passaggi previsti per la cantierizzazione dei progetti.
Mentre si discettava fino all’altro giorno sull’ammontare  delle quote assegnate all’intero comparto meridionale stracciandosi le vesti su decimali o disattesi impegni circa l’uno o l’altro dei settori destinatari degli interventi, non ci si accorgeva che il problema era ben altro.
Ad essere sinceri qualcuno in verità se ne accorgeva, del gap fra dimensioni e aggiornamento delle strutture tecnico-amministrative delle articolazioni periferiche dello Stato, sempre più diminuite in numero e corrispondenza con il soddisfare la richiesta delle incombenze richieste. Se ne accorse e, nel ricostruire con dettaglio l’iter dissennato che aveva condotto alla rarefazione degli uffici – indicandone anche cause e scelte – suggeriva approcci diversi da quelli intrapresi sia per quanto riguarda il cosa che il come.
Il cosa era puntare su proposte basate su grandi interventi e grandi temi magari infraregionali attinenti alle reti infrastrutturali materiali e immateriali, alla messa in sicurezza del territorio, al recupero delle periferie urbane, agli schemi idrici, a una sanità funzionante. Tutto secondo una logica euromediterranea che proponeva e proiettava il Sud del paese, e dell’Europa, nel baricentro dei conflitti geopolitici vicini a noi e all’intero paese. Non raccattando, così, carte sparse in polverosi cassetti coerenti al più con esigenze e magari anche domande e procedure legittime ma desuete; non disperdendo in mille rivoli un impegno ch’era del tutto evidente non sarebbe stato possibile onorare. Certo, sforzi furono compiuti lungo la direzione dei macroprogetti, ma accampando (anche) frizioni fra Stato centrale, ministeri competenti, Regioni l’occasione per metter mano finalmente a un adeguamento strutturale dell’impalcatura portante sembra essere vanificata.
Il come è introdurre una forma organizzata di politica qual è MezzogiornoFederato, nato da un paio di anni in Puglia che sta periodicamente e con continuità radicandosi sull’intero territorio meridionale con iniziative e proposte.
Logica euromediterranea significa, però, anche politica verso i flussi che quotidianamente si riversano verso le coste meridionali e calabresi con il loro carico di disperazione e morte, che se è vero non possono affrontarsi secondo schemi che assegnano all’Italia un compito esclusivo francamente insostenibile, malgrado i sacrosanti richiamo umanitari, parimenti non si possono registrare il lucido cinismo e il pressappochismo evidenziati dal governo in carica cui mancano autorevolezza, competenza, impegno.
Così che srotola sotto gli occhi di tutti una sorta di ineludibilità rassegnata, improntata al vivacchiare giorno per giorno e al chiacchiericcio che vorrebbe far intendere che ci si vuole occupare dei ‘grandi temi’ che occupano editoriali e dibattiti da trent’anni e più a questa parte (riforma presidenzialista; riforma della giustizia; separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici; regolamentare le intercettazioni; la destra che non ha tagliato i ponti con il proprio passato e la sinistra che ha dimenticato le sue radici; il ponte sullo Stretto), mentre, appunto, si chiacchiera, inserendo, sì, un tema nuovo, quello del Regionalismo differenziato, il Paese, il timore è più che fondato, se non arretra è fermo.
Il che è la stessa cosa.

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