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Iscrizioni a scuola: la crisi di tecnici e professionali è una ferita

di Marco Campione

 

Chiuse le iscrizioni per il nuovo anno. Queste le scelte di ragazzi e/o famiglie: il 57,8% sceglie il Liceo, il 30,3% gli Istituti tecnici e l’ 11,9% i Professionali.

Continua quindi la progressiva liceizzazione della distribuzione delle iscrizioni al primo anno e la caduta libera dei professionali (nel 2019 erano scelti dal 13,6% delle studentesse e degli studenti, nel 2020 dal 12,9%). Abbastanza stabili i tecnici (ma comunque in calo: 31% nel 2019, 30,8% nel 2020). I licei passano dal 55,4% del 2019 al 56,3 nel 2020 al dato attuale che è appunto del 57,8%.

Io credo che la crisi dell’istruzione tecnica e professionale sia uno dei problemi principali da affrontare, nel contesto di una più generale riforma della filiera professionalizzante, perché è alla base di quel fenomeno che quelli che parlano aulico chiamano skills mismatch (disallineamento delle competenze) e che produce una buona fetta della disoccupazione italiana, ma anche della difficoltà del nostro sistema produttivo a competere sul mercato globale.
Questo dato è un campanello d’allarme anche perché è un anticipatore di un altro grave problema della scuola che è la dispersione scolastica (anch’essa aggravata dal Covid).

Vi dò un dato “sporco”, che è solo indicativo (i calcoli sono più complessi), che però è talmente macroscopico da far intuire il fenomeno in modo lampante. Abbiamo visto che nel 2019 al liceo si erano iscritti il 55,4% degli studenti: sapete in che percentuale erano iscritti in seconda liceo all’inizio di quest’anno? il 50,4%. E parliamo di un anno scolastico (quello scorso) nel quale era “vietato” bocciare. Quel 5% di popolazione studentesca che si è spostato è solo la punta dell’iceberg: poi ci sono quelli che non si sa dove siano (in era pre-covid ogni anno 120.000 ragazzi abbandonavano la scuola, secondo Ipsos la didattica a distanza rischia di farcene perdere altri 30.000 nel 2021).

Chi si perde è un dramma ignorato, ma anche chi si riorienta rappresenta comunque una ferita (altrettanto ignorata). Ha infatti perso un anno a causa di una scelta sbagliata dettata per lo più da un orientamento fatto male e da una istruzione tecnica e professionale poco appetibile per ragioni strutturali (poche ore di laboratorio, troppe discipline non “vocazionali”, stigma sociale…).

Quando questa brutta stagione sarà finita, per l’Italia riprendersi sarà difficile anche per questo. Il PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza) parla molto di questa esigenza: ora però serve una classe politica capace di passare dalle parole ai fatti.

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