di Lia Quartapelle
Una delle grandi rimozioni della storia del nostro paese è quella dell’avventura coloniale italiana, in Eritrea, Libia, Somalia e Etiopia, attraverso la quale un’Italia priva di un suo senso di appartenenza nazionale cercò di trovare un proprio “posto al sole” nel tentativo di riscattarsi da ristrettezze e miserie.
Ecco noi italiani non siamo mai veramente riusciti a metabolizzare quel passato. Lo abbiamo seppellito alla bell’e meglio tra i crimini del fascismo, anche se le avventure coloniali sono iniziate molto prima del ventennio.
Nessuno ha mai chiesto scusa per il trattamento riservato a Omar al-Mukhtar, l’eroe della resistenza libica, impiccato nel 1931 dopo un processo farsa, o per le migliaia di bombe chimiche utilizzate contro l’esercito etiopico in decine di attacchi aerei tra il 1935 e il 1936.
In pochissimi hanno cercato di ragionare sul perché oggi le ex colonie italiane, con l’eccezione dell’Etiopia, siano tra gli Stati africani più poveri, falliti e in disgregazione.
Ugualmente poco si sta facendo in Italia per preservare luoghi di conoscenza del continente africano, dentro e fuori alle università.
Le sgraziate accuse lanciate alla Francia neo-coloniale da una parte della classe dirigente di un paese senza memoria, senza consapevolezza, senza capacità critica, sono ancora più penose perché provengono da questa rimozione storica, che alimenta un atteggiamento di estraneità verso l’Africa e i suoi abitanti che è il vero volto del razzismo oggi in Italia.
Deputato del Partito democratico, eletta a Milano. Già segretario della Commissione Esteri della Camera nel corso della scorsa legislatura. Fa parte della presidenza di Libertà Eguale ed è ricercatrice presso l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI). Insegna presso il corso di Politiche per lo sviluppo dell’Università di Pavia.
Parole sacrosante. E doverose.