Le periferie, geografiche e sociali, sono i luoghi dove si gioca la capacità dell’Europa di sopravvivere alle proprie rigidità e alla propria paralisi.
Siano esse le sponde del Mediterraneo o le periferie della legalità’ sospesa di Parigi o di Roma. Siano esse le piane orientali dell’Ucraina o le banche greche. Le crisi letali che deve fronteggiare l’Europa sono il risultato, è vero di fattori esogeni, ma anche, nella loro ampiezza e drammatcità, dell’ incapacità e dell’impreparazione europea ad assumere interamente il ruolo di potenza regionale che le spetta e compete con gli oneri connessi.
La lezione dei Balcani negli anni 90 non è servita all’Europa a capire che con la caduta del muro di Berlino veniva definitivamente meno un mondo e un modo di intendere le relazioni globali. Ovvero che da una parte la globalizzazione dei sistemi produttivi e della finanza, favorita dalle nuove tecnologie dell’informazione, stava modificando in maniera profonda i sistemi economici europei, e dall’altra il crollo di regimi dispotici e di sistemi di alleanze avrebbe dato luogo a nuove tensioni. Come un movimento tellurico maggiore, il sistema di relazioni globali sta vivendo oggi una fase di drammatica instabilità. E l’Europa vi è al centro: per la sua posizione geografica, per la sua storia, per la sua implicazione recente nell’abbattere sistemi dispotici e paradossalmente per le sue politiche. La sua debolezza, la sua opulenza, la sua titubanza ne fanno un simbolo privilegiato.
Eppure l’Europa resta la depositaria di un arsenale favoloso: i suoi valori ed in particolare i valori che ne hanno ispirato il movimento di integrazione, che hanno guidato l’ultimo rinascimento europeo dalle barbarie totalitariste. Valori che sono patrimonio imprescindibile delle forze progressiste e riformatrici. Sono i valori che hanno fatto sperare gli Ucraini, che alimentano le speranze degli oppressi in Medio Oriente ed in nord Africa. Libertà, uguaglianza delle chances, merito, tolleranza, equità economica e solidarietà sociale, laicità.
Valori che chiamano dei doveri: sistemi istituzionali basati sulla divisione dei poteri e su check and balances, rispetto dell‘altro e delle regole della comunità, legalità e rispetto delle leggi, contribuzione al bene comune.
Ma sono valori che richiedono integrità e ai quali, troppo spesso recentemente, si è abdicato consciamente o incosciamente.
L’Europa deve battersi per quei valori con quei valori senza dimenticare i doveri che quei valori richiamano.
Per farlo l’Europa ha bisogno di una leadership europea che risponda alle titubanze con il coraggio, all’inerzia con il ritmo e dia il senso profondo alla costruzione di un’alternativa credibile alle risposte semplicistiche della destra o peggio alla pericolosa reazione dei partiti cosidetti populisti che aizzano i timori, legittimi, di chi si sente minacciato dalla violenza dei nuovi fenomeni.
Per farlo l’Europa, oggi come non mani, ha bisogno di gettare il cuore oltre l’ostacolo, nella consapevolezza che a stare fermi si torna indietro. E in un mondo sempre più globale ed interconnesso, tanto più si arretra e ci si divide, tanto più si è soli e deboli.
Elisa Filippi si occupa di politiche europee di interesse urbano, in particolare dei temi relativi all’Innovazione e alle Smart Cities. E’ attualmente membro della Direzione nazionale del Partito democratico.
Piero Messina ha maturato un’esperienza pluridecennale nella gestione di programmi internazionali multilaterali di R&D. Esperto nel settore della cooperazione scientifica, delle relazioni internazionali ed dei rapporti istituzionali a livello Europeo. Fiorentino, lavora a Parigi presso un’Organizzazione internazionale