Nel corso del consiglio dei ministri del 18 maggio scorso, il governo ha approvato un decreto legge in materia di ammortizzatori sociali e pensioni, resosi necessario a seguito della sentenza n.70/2015 con cui la Corte costituzionale è intervenuta in materia di indicizzazione delle pensioni.
All’esecutivo è toccato porre mano in modo tempestivo ed efficace alla materia con l’obiettivo di garantire equità per i cittadini e al contempo di non compromettere la tenuta dei conti pubblici, al fine di ottemperare ad una sentenza che presenta diversi profili problematici. Ne elenco alcuni.
1 La sentenza insiste sul fatto che la legge “Salva Italia” “si limita a richiamare genericamente la “contingente situazione finanziaria […] senza che emerga dal disegno complessivo la necessaria prevalenza delle esigenze finanziarie sui diritti oggetto di bilanciamento, nei cui confronti si effettuano interventi così fortemente incisivi”. E più oltre: “tale diritto (ndr: alla prestazione previdenziale adeguata) costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio”.
Sembra quasi di leggere sentenze di altri organi giurisdizionali, circa il “difetto di motivazione” (A. Barbera), quasi che si potesse ri-deliberare, meglio motivando (riapprovare la norme con poche modifiche, ma una più forte e dettagliata motivazione).
Ma la Relazione Tecnica originaria, quali informazioni conteneva? Erano o no “informazioni “di dettaglio”? A giudicare dalla sentenza, non conteneva “alcuna documentazione tecnica”. È fondato questo giudizio? Dato il rilievo che l’intervento sulla parziale deindicizzazione delle pensioni aveva per il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, la Relazione tecnica del Decreto metteva in aperta evidenza che l’intervento di “blocco” dell’adeguamento 2012-2013 aveva un effetto permanente di riduzione della spesa previdenziale, pari, al netto delle imposte, a più di 4,5 mld l’anno. Non solo, in sede di conversione del Decreto la Relazione tecnica subisce una rilevante modificazione. Nella definizione dei presupposti del calcolo, la Relazione Tecnica originaria assume a base la quota percentuale del monte pensioni corrispondente a pensioni superiori a due volte il minimo INPS – circa il 76,5% – mentre nella Relazione Tecnica “al passaggio” la quota è quella relativa a pensioni superiori a tre volte il minimo, pari a circa il 54% del monte pensioni pagato e da pagare nel 2011 e nel 2012. Governo e Parlamento avevano dunque tenuto ben presente l’esigenza di “contemperare” i due obiettivi in gioco: realizzare subito importanti risparmi di spesa, per evitare il possibile collasso finanziario, senza penalizzare gli interessi della platea dei pensionati più poveri.
2 Era veramente difficile la “contingente situazione finanziaria” di quel fine novembre – inizio dicembre 2011? La sentenza sembra dubitarne: “la disposizione concernente l’azzeramento del meccanismo perequativo […] si limita a richiamare genericamente la “contingente situazione finanziaria”. Il comma 25 dell’art. 24 del Decreto Legge in questione, in effetti, recita testualmente: “In considerazione della contingente situazione finanziaria…”. Ma quel comma è parte dell’art. 24, che così recita, al comma 1: “Le disposizioni del presente articolo sono dirette a garantire, il rispetto degli impegni internazionali e con l’Unione Europea, dei vincoli di bilancio, la stabilità economico-finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul PIL, in conformità dei principi e criteri di equità e convergenza intra e intergenerazionale, con clausole derogative soltanto per le categorie più deboli. Quanto al Decreto nel suo complesso, nella premessa della emanazione, il Presidente della Repubblica scrive: “Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il consolidamento dei conti pubblici, al fine di garantire la stabilità economico-finanziaria del Paese nell’attuale eccezionale situazione di crisi internazionale…”. Il contrasto dei drammatici rischi insiti nella “contingente situazione finanziaria” della fine di novembre – inizio dicembre 2011 è dunque il movente del Governo e del legislatore. E lo stesso Presidente della Repubblica esplicita di condividerlo all’atto di emanare il Decreto.
3 Infine, nella sentenza n. 70 del 2015 il nuovo art. 81 non viene mai citato. Eppure, gli effetti sull’equilibrio di bilancio della decisione che la Corte stava per prendere, erano certamente molto significativi. È utile approfondire il nesso tra nuovo art. 81 della Costituzione e sentenze della Corte che abbiano un impatto finanziario certo sul bilancio. Cosa ha veramente innovato la recente riforma dell’art. 81 della Costituzione? Andando all’essenziale, si tratta di questo: la lettera e lo spirito del vecchio art. 81 facevano della Legge di Bilancio una legge meramente formale. Una legge “specchio”: se cambia la legislazione vigente, cambia di conseguenza la legge di bilancio. Se la legislazione vigente non cambia, la legge di bilancio la traduce “acriticamente” in numeri (si chiama, non a caso, “bilancio a legislazione vigente”). Di qui l’esigenza di ricorrere, in sessione di bilancio, alla Legge di Stabilità (ex Legge Finanziaria): è lo strumento legislativo che contiene tutte le modificazioni alla legislazione vigente – di entrata e di spesa – necessarie per passare dal bilancio di previsione a legislazione vigente al bilancio di previsione programmatico.
Con il nuovo art. 81, la legge di bilancio “cambia natura”: entro limiti molto rigorosi, essa conserva il suo carattere di legge “specchio finanziario” della legislazione vigente, ma assume anche quello di legge “sostanziale”, mirata al conseguimento di un obiettivo autonomo, non meramente traduttivo della legislazione vigente: l’equilibrio di bilancio, così come definito nell’art. 81 e nella legge “rafforzata” che gli dà attuazione. Di qui, la scelta di superare la Legge di Stabilità, il cui contenuto proprio diventa la prima parte della Legge di Bilancio, secondo quanto disposto dalla Legge “rafforzata” n. 243 del 2012.
Ciò considerato, nella sentenza sull’adeguamento delle pensioni ha forse la Corte ritenuto che – nel caso in questione – esistessero per il decisore politico (governo e Parlamento) margini per attuare la sentenza senza provocare una irrimediabile lesione all’equilibrio di bilancio?
Presidente di Libertà Eguale. Viceministro dell’Economia nei governi Renzi e Gentiloni. Senatore dal 1994 al 2013, è stato leader della componente Liberal dei Ds, estensore del programma elettorale del Pd nel 2008 e coordinatore del Governo ombra. Ha scritto con Giorgio Tonini “L’Italia dei democratici”, edito da Marsilio (2013)