di Danilo Di Matteo
Domenica scorsa il presidente del Veneto Luca Zaia, ospite di Fabio Fazio, sosteneva che i dilemmi etici, come quelli legati al fine vita, e le questioni dei diritti non sarebbero né di destra né di sinistra. E invitava ad adottare al riguardo la prospettiva delle giovani generazioni. C’è del vero. Attenzione, però, a non cadere nell’equivoco: non si tratta affatto di temi impolitici. Anzi, la loro politicità è di giorno in giorno più evidente, come dimostrano i fatti del Qatar.
Un primo livello è rappresentato dal confronto (e dallo scontro), di portata incalcolabile, tra due orizzonti: la società aperta e quella chiusa. Dove la chiusura e l’apertura si misurano in termini economici, etici, ecologici, culturali. Una città o uno Stato “globale” è quello che accoglie e offre spazi e opportunità a persone delle diverse etnie, di orientamento sessuale differente o di differente identità di genere, delle varie credenze religiose e così via. La chiusura, al contrario, esprime un atteggiamento difensivo, di paura. Speranza versus paura, potremmo dire.
E vi è poi un livello forse ancor più profondo legato ai dilemmi delle differenze. Nel proporre tale ragionamento, sono debitore di grandi autori come Piero Angela e Furio Colombo. Immaginiamo una società fondata sul riconoscimento e sulla valorizzazione del merito. Ecco, se quest’ultimo venisse misurato sulla base di un solo parametro o di pochi parametri, molti verrebbero esclusi, pur offrendo, utopicamente, a ciascuna famiglia e a ciascun ragazzo opportunità identiche. Biologicamente, infatti, siamo diversi. Paradossalmente, dunque, la società più equa immaginabile farebbe emergere ancor di più la diversa “dotazione” biologica. Come uscirne? Promuovendo le differenze. Se a ciascuno, infatti, si offrisse la possibilità di coltivare e sviluppare le proprie peculiarità, i propri “doni”, le proprie attitudini e capacità, dissimili da quelle altrui, vi sarebbe il massimo di giustizia sociale concepibile.
La differenza, dunque, è il nome nuovo dell’uguaglianza, la sua nuova frontiera.
Psichiatra, psicoterapeuta e studioso di filosofia con la passione per la politica. Si iscrisse alla Fgci pensando che il Pci fosse già socialdemocratico, rimanendo poi sempre eretico e allineato. Collabora con diversi periodici. Ha scritto “L’esilio della parola”. Il tema del silenzio nel pensiero di André Neher (Mimesis 2020), Psicosi, libertà e pensiero (Manni 2021), Quale faro per la sinistra? La sinistra italiana tra XX e XXI secolo (Guida 2022), le raccolte poetiche Nescio. Non so (Helicon 2024) e Ombre dell’infinito, figure del Sublime. “Voce di silenzio sottile” (Helicon 2024). È uno degli autori di Poesia e Filosofia. I domini contesi (a cura di Stefano Iori e Rosa Pierno, Gilgamesh 2021) e di Per un nuovo universalismo. L’apporto della religiosità alla cultura laica (a cura di Andrea Billau, Castelvecchi 2023).