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La Global Gateway contro la Via della Seta: il Sud torna protagonista?

di Amedeo Lepore

 

In questi giorni si è svolto a Napoli un importante convegno della Fondazione Merita, con al centro il tema dell’incontro tra l’Europa e il Mediterraneo, in una prospettiva di valorizzazione del ruolo geoeconomico dell’Italia e del Mezzogiorno a livello internazionale.

Un argomento di particolare interesse, finora poco conosciuto e dibattuto, è stato quello di un’iniziativa, come il Global Gateway, avviata a dicembre 2021 allo scopo di ridurre il divario degli investimenti globali che accompagna le transizioni gemelle e di incrementare la connettività dell’Unione Europea, assicurandole una maggiore autonomia strategica nelle relazioni politiche ed economiche con il resto del mondo.

Si tratta di un piano mirato a realizzare un potenziamento delle infrastrutture di qualità a favore dei Paesi in via di sviluppo e del vicinato europeo, un rafforzamento della competitività e una messa in sicurezza delle catene di approvvigionamento, con una dotazione di 300 miliardi di euro (150 solo per il continente africano) fino al 2027, ripartita tra prestiti, sovvenzioni e garanzie. Una quota dell’intera somma disponibile, pari a 18 miliardi, è costituita da sovvenzioni dirette (grants) derivanti da programmi comunitari, mentre 145 miliardi provengono dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo e da altri istituti finanziari. I circa 135 miliardi restanti corrispondono a interventi che la Commissione punta a generare dal settore privato, suscitando un effetto moltiplicatore con le garanzie e le risorse assegnate dal Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile, in collaborazione con la Banca Europea per gli Investimenti. 

Secondo l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, il Global Gateway non si limita a impostare un meccanismo per gli investimenti infrastrutturali, ma intende proporre un modello per i Paesi destinatari dei fondi, imperniato sulla fattibilità tecnico-finanziaria e sulla sostenibilità ambientale e sociale dei progetti. In ogni caso, gli interventi attuati con questa misura – attraverso un più efficace coordinamento tra istituzioni comunitarie, Stati membri, organizzazioni finanziarie e imprese private – serviranno a promuovere uno sviluppo sostenibile, a consolidare i legami tra l’Europa e le aree più deboli, a ridurre il deficit globale di infrastrutture (pari a circa 15.000 miliardi di dollari).

Questa iniziativa, inoltre, è orientata verso cinque comparti fondamentali (digitale, clima ed energia, trasporti, istruzione e ricerca, salute), lanciando un’ambiziosa sfida alla nuova via della seta. Infatti, i territori coinvolti da questa operazione potranno emanciparsi da una stretta dipendenza dagli investimenti provenienti dalla Cina, che spesso hanno accentuato la subordinazione economica e alimentato l’indebitamento dei Paesi terzi. Mentre, per l’Unione Europea, il vantaggio dovrebbe essere rappresentato dall’attenuazione dei rischi geopolitici della Belt and Road Initiative, dall’afflusso di materie prime critiche e da migliori rapporti commerciali con un’ampia parte del pianeta.

Alla fine dello scorso anno sono stati approvati 138 progetti prioritari del Global Gateway per il 2024, destinati ad Africa, Asia, America Latina e Caraibi. Questi progetti ne integrano altri 87, già avviati nel 2023. Varie critiche, in qualche caso aspre, sono state indirizzate a questa strategia fin dalle sue origini, come quelle di un articolo dell’Economist, che l’aveva definita “un mix di impegni esistenti, garanzie sui prestiti e ipotesi eroiche sulla capacità di attrarre investimenti privati, piuttosto che nuove spese effettive”. Altri rilievi hanno riguardato l’attrattività del Global Gateway rispetto alla strategia cinese, i tassi di interesse applicati ai prestiti e l’ammontare limitato di investimenti per l’area mediterranea. Nonostante queste notazioni, la nuova fase della policy europea si è collegata anche alla Partnership for Global Infrastructure and Investment, inaugurata dal G7 nel 2022, allargando i propri orizzonti verso un intervento di carattere strutturale.

Nel corso del convegno di Merita, il Ministro delle Imprese ha fornito utili indicazioni sull’inserimento del Piano Mattei in itinere all’interno di questa strategia comunitaria e sul confronto trilaterale in atto tra Italia, Germania e Francia per le tecnologie green, i materiali rari e le materie prime seconde, essenziali per una politica industriale innovativa. Inoltre, ha richiamato la proposta emersa nel recente G7 sull’industria per la creazione di un hub per lo sviluppo sostenibile, basato sull’intelligenza artificiale, da costruire in sinergia con i Paesi africani. Su questi contenuti è maturo il passaggio dalla fase delle valutazioni di contesto e della ideazione generale a quella del dispiegamento delle concrete azioni di sistema, di cui il Mezzogiorno può essere protagonista.

La prospettiva aperta dal Global Gateway coglie la necessità di una ripresa delle relazioni economiche tra l’Occidente e un insieme di spazi cruciali della geografia globale, in direzione dell’Oriente e del Sud della terra. La concentrazione degli sforzi europei per l’Africa non è affatto casuale e va intensificata, visto che nel prossimo futuro gli avanzamenti più significativi per la demografia, la produzione e gli scambi avverranno in quel continente. Un pianeta in vorticoso cambiamento e, contemporaneamente, gravido di rischi può evolvere in svariati modi. L’Europa può contribuire alla nascita di un nuovo paradigma, evitando la transizione esiziale da un’età di crisi a una di conflitti, se sarà in grado di interpretare fino in fondo il suo ruolo di dialogo, cooperazione e promozione economica nell’ambito di un disegno lungimirante per sé e per altre parti del mondo.

 

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