di Marco Leonardi
Il governo sbaglia sul documento di economia e finanza DEF
1) Dopo mille indecisioni su quanto dovesse essere il livello deficit, il governo ha pubblicato che il deficit sarà di 2.4% nel 2019 e poi del 2.1 e del 1.8. Tanta incertezza denota soltanto che il governo non ha un disegno per l’Italia. L’unica cosa certa è che vuole fare una manovra economica contro l’Europa e contro i mercati internazionali (dicono spesso che non gliene frega niente dello spread).
2) Per convincere che il debito comunque scenderà hanno previsto una crescita nei prossimi tre anni dell’1.5% invece del 1% che prevedono tutti gli istituti internazionali. Ma 1.5 non è credibile perché la manovra è tutta incentrata su pensioni e reddito di cittadinanza che notoriamente sono spese correnti e non investimenti. Per dire che il reddito di cittadinanza sosterrà il PIL sono costretti a delle capriole che lo rendono complicato ed inesigibile: che debba essere speso tutto e in negozi e prodotti italiani (in prodotti italiani nel 2018!)
3) In questa manovra non ci sono investimenti (l’unica spesa che può far crescere il PIL). In realtà ci sono 140 miliardi di investimenti già stanziati ma non spesi dei governi precedenti. Il problema è che il governo giallo verde vorrebbe contemporaneamente spendere per investimenti e bloccare le opere pubbliche TAP, TAV, terzo valico Genova. È complicato avere tutto e il contrario di tutto.
4) Comunque i soldi del deficit non bastano: dal deficit hanno 8 miliardi per le politiche e altri 8 li devono trovare probabilmente con il condono che però è una entrata una tantum e non permanente. Non vogliono toccare potenziali entrate permanenti come €80, l’IVA, le detrazioni fiscali. Ma se le entrate sono temporanee qualcuno mi deve spiegare come fanno a finanziare spese permanenti come le pensioni quota 100. Le spese per pensioni devono essere finanziate per almeno 10 anni mentre le entrate previste sono di un anno al massimo. Forse contano sulla favola che per ogni anziano che va in pensione c’è un giovane che va al lavoro ma, mentre mille studi internazionali provano che questo non accadrà, ci dimentichiamo che l’Italia è un paese in cui c’è in atto un calo demografico quindi comunque non ci saranno giovani per pagare un numero crescente di pensioni. Rischiamo che questa facilitazione delle pensioni sia soltanto temporanea ai fini elettorali e presto dovremo tornare indietro con un altra restrizione.
5) La contestazione principale è che il debito aggiuntivo che il governo vuole fare rischia di non essere compatibile con la protezione del risparmio degli italiani e forse è un modo subdolo per provocare l’uscita dall’euro. Che vogliono uscire lo hanno detto in campagna elettorale per poi ritrattare; non fa ben pensare il fatto che continuino a dire che non gliene frega niente dello spread. Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che con tassi di interesse più alti soffre non solo il bilancio pubblico ma anche il credito alle aziende e agli individui. Mario Draghi dixit di alcuni esponenti del governo: avete fatto un danno, limitatamente all’Italia il costo dei mutui è aumentato di 20 punti base e il costo dei prestiti alle imprese di 80 punti base soltanto per le vostre incaute dichiarazioni. Figurati adesso che dalle dichiarazioni passano ai fatti.
Professore di economia politica all’università degli Studi di Milano, si occupa di disoccupazione e diseguaglianze. E’ stato tra gli anni 2015 e 2018 membro del comitato tecnico di valutazione della Presidenza del Consiglio e consigliere economico del Presidente Gentiloni. Ha scritto un libro sulle riforme di quegli anni dal titolo “le riforme dimezzate, perché su lavoro e pensioni non si può tornare indietro”, EGEA 2018. Fa parte della Presidenza Nazionale di Libertà Eguale.