LibertàEguale

La minaccia della sinistra illiberale

Pubblichiamo una traduzione dell’editoriale apparso su The Economist il 4 settembre 2021 a cura di Ranieri Bizzarri

 

Qualcosa è andato storto nell’evoluzione del liberalismo occidentale. Il cuore del liberalismo classico è che il progresso umano sia determinato dal dibattito e dalle riforme. La maniera migliore per attraversare i cambiamenti della nostra epoca in un mondo diviso è attraverso un impegno universale per la dignità individuale, mercati aperti e lo stato di diritto. Eppure la Cina in ripresa deride il liberalismo per essere egoista, decadente e instabile. In occidente, i populisti di destra e di sinistra si scagliano contro il liberalismo per il suo presunto elitarismo e privilegio.

Eppure, il progresso senza precedenti degli ultimi 250 anni è figlio del liberalismo classico. Per questo motivo, il liberalismo non scomparirà in una nuvola di fumo. Ma sta subendo una prova dura, proprio come un secolo fa, quando i cancri del bolscevismo e del fascismo cominciarono a divorare dall’interno l’Europa liberale. È tempo che i liberali capiscano contro cosa hanno a che fare e comincino a reagire.

La lotta più feroce avviene in America, dove, questa settimana, la Corte Suprema ha scelto di non bloccare una legge anti-aborto draconiana e stravagante. Nel paese che è la casa spirituale del liberalismo, la minaccia più pericolosa viene dalla destra trumpiana. I populisti considerano le fondamenta del liberalismo, come la scienza e lo stato di diritto, come la parte visibile del complotto ordito dai poteri forti contro il popolo. Subordinano i fatti e la ragione ad un’emozione tribale. L’ossessiva menzogna che le elezioni presidenziali del 2020 siano state rubate esemplifica in modo chiaro dove portano impulsi di questo tipo. Se le persone non riescono a risolvere le loro divergenze usando il dibattito e istituzioni fidate, ricorrono inevitabilmente alla forza.

L’attacco da sinistra è più sottile e difficile da cogliere, in parte perché in America le posizioni “liberal” comprendono ormai una sinistra illiberale. Questa settimana descriviamo come un nuovo approccio politico si sia recentemente diffuso a partire dai migliori dipartimenti universitari. Dopo avervi trovato lavoro, molti giovani laureati hanno portato nei media nazionali, nella politica, in economia e nell’istruzione l’orrore di sentirsi “insicuri” e un’agenda con il paraocchi ossessionata dall’ansia di ottenere giustizia per i gruppi identitari oppressi. Gli stessi hanno anche elaborato tattiche per imporre la purezza ideologica, ostracizzando gli avversari e obliterando gli alleati che hanno trasgredito, in una sinistra eco dello stato confessionale che dominava l’Europa prima che il liberalismo classico prendesse piede alla fine del XVIII secolo.

In superficie, la sinistra illiberale e i liberali classici come l’Economist ambiscono a molte delle stesse cose. Entrambi credono che le persone dovrebbero essere libere di perseguire la propria felicità ed interessi qualunque sia la loro sessualità o etnia. Entrambi condividono il sospetto per l’autorità invasiva e gli interessi radicati. Entrambi credono che il cambiamento sia desiderabile.

Tuttavia, i liberali classici e i progressisti illiberali sono agli antipodi su come realizzare queste cose. Per i liberali classici, non è conoscibile a priori la direzione precisa in cui una società progredisce. Deve essere spontanea, dal basso verso l’alto, e deve dipendere dalla separazione dei poteri, in modo che nessun individuo o gruppo di individui sia in grado di esercitare su di essa un controllo duraturo. Al contrario, la sinistra illiberale mette il proprio potere al centro di tutto, perché è convinta che il vero progresso sia possibile solo dopo aver smantellato gerarchie etniche, sessuali e di altro tipo.

Questa differenza di metodo ha profonde implicazioni. I liberali classici credono nella creazione di condizioni iniziali eque e nel lasciare che gli eventi si svolgano attraverso la concorrenza, ad esempio eliminando i monopoli aziendali, aprendo le corporazioni, riformando radicalmente la tassazione e rendendo l’istruzione accessibile con i voucher. I progressisti radicali considerano il laissez-faire come un metodo che viene usato per preservare lo status quo da potenti interessi costituiti. E pertanto, credono nell’imposizione di “equità” per ottenere i risultati che ritengono giusti. Ad esempio, Ibram X. Kendi, uno studioso-attivista, afferma che qualsiasi politica che non consideri i fattori razziali, compresi i test standardizzati sui bambini, è razzista se finisce per aumentare le differenze medie tra gruppi etnicamente diversi, indipendentemente da quanto siano illuminate le intenzioni dietro di essa.

Mr. Kendi ha senz’altro ragione nel volere una politica antirazzista che funzioni. Ma il suo approccio ideologico rischia di negare ad alcuni bambini svantaggiati l’aiuto di cui hanno bisogno e ad altri la possibilità di realizzare i propri talenti. Gli individui, non solo i gruppi, devono essere trattati in modo equo affinché la società possa prosperare. Inoltre, la società ha molti obiettivi. Le persone si preoccupano della crescita economica, del benessere, della criminalità, dell’ambiente e della sicurezza nazionale, e le politiche non possono essere giudicate semplicemente in base al fatto che promuovano o meno un particolare gruppo. I liberali classici usano il dibattito per stabilire priorità e compromessi in una società pluralista e poi usano le elezioni per stabilire una rotta. La sinistra illiberale crede invece che il mercato delle idee sia truccato come tutti gli altri. Ciò che si contrabbanda come prova e argomento, dicono, è in realtà un’altra affermazione di potere da parte dell’élite.

I progressisti della vecchia scuola difendono ancora la libertà di parola. Ma i progressisti illiberali pensano che si debba ottenere equità penalizzando chi è privilegiato e reazionario. In pratica, questo significa limitarne la libertà di parola, propugnando un sistema vittimistico composto da caste in cui coloro che sono al vertice devono sottomettersi a coloro che hanno le maggiori pretese di giustizia riparativa. In aggiunta, si tacciano di reazionari tutti coloro le cui affermazioni vengono interpretate come una minaccia a chi è meno privilegiato. Le conseguenze sono la denuncia e l’ostracismo a livello pubblico.

Milton Friedman una volta disse che “una società che antepone l’eguaglianza alla libertà non otterrà nessuna delle due”. Aveva ragione. I progressisti illiberali pensano di possedere la soluzione per liberare i gruppi oppressi. In realtà la loro è una formula per l’oppressione degli individui – e, in questo, non è molto diversa dai piani della destra populista. Pur adottando modalità diverse, questi estremismi antepongono entrambi il potere al processo, i fini ai mezzi, e gli interessi dei gruppi alla libertà degli individui.

I paesi guidati da uomini forti ammirati dai populisti, come l’Ungheria di Viktor Orban e la Russia di Vladimir Putin, mostrano che il buon governo non può basarsi sul potere senza controlli. Le utopie come Cuba e Venezuela mostrano che i fini non giustificano i mezzi. E da nessuna parte gli individui si conformano volontariamente agli stereotipi razziali ed economici imposti dallo stato.

Quando i populisti antepongono la faziosità alla verità, sabotano il buon governo. Quando i progressisti dividono le persone in caste tra loro in competizione, mettono la nazione contro se stessa. Entrambi delegittimano le istituzioni che risolvono i conflitti sociali. Per questo entrambi ricorrono spesso alla coercizione, per quanto a loro piaccia parlare di giustizia.

Se il liberalismo classico è molto meglio delle alternative, perché in tutto il mondo sta combattendo per sopravvivere? Uno dei motivi è che populisti e progressisti si alimentano a vicenda in modo patologico. L’odio che ogni schieramento prova per l’altro infiamma i propri sostenitori, a beneficio di entrambi. Inoltre, criticare gli eccessi della tua fazione è visto come un tradimento. Queste condizioni soffocano il dibattito liberale. Basta guardare alla Gran Bretagna, dove la politica negli ultimi anni è stata consumata dalle liti tra gli intransigenti Tory Brexiteers e il Partito Laburista guidato da Jeremy Corbyn.

Ci sono aspetti del liberalismo che vanno contro la natura umana. Essere liberali richiede di difendere il diritto di parola dei tuoi avversari, anche quando sai che hanno torto. Se sei un liberale, devi essere disposto a mettere in discussione le tue convinzioni più profonde. Le imprese non devono essere protette dalle bufere generate dalla “distruzione creatrice”. Il successo delle persone a cui tieni deve essere basato solo sul merito, anche se avresti l’istinto di aiutarli piegando le regole. Devi accettare la vittoria dei tuoi avversari alle urne, anche se pensi che porteranno il paese alla rovina.

In sostanza, è dura essere veramente liberali. Dopo il collasso dell’Unione Sovietica, quando il loro ultimo sfidante ideologico sembrava crollato, le élite politiche hanno arrogantemente dimenticato l’umiltà e l’insicurezza del liberalismo. Le stesse élite si sono abituate a credere di avere sempre ragione. Hanno strutturato la meritocrazia americana per favorire persone come loro. Dopo la crisi finanziaria, sono stati alla guida di un’economia che è cresciuta troppo lentamente perché le persone avvertissero il benessere. Eppure, anziché trattare con rispetto le critiche della classe operaia bianca, hanno deriso la loro presunta mancanza di raffinatezza intellettuale.

Questo autocompiacimento ha permesso agli oppositori di additare il liberalismo come incorreggibile, e, vista la discriminazione razziale ancora presente in America, di insistere che l’intero paese è marcio dalle fondamenta. Davanti alla persistente disuguaglianza e al razzismo, i liberali classici possono ricordare a tutti che il cambiamento richiede tempo. Ma Washington non è in grado di risolvere i problemi, la Cina va avanti rapidamente e l’inquietudine è molto diffusa tra la popolazione.

 

La mancanza di convinzione liberale

Sottovalutare la minaccia sarebbe l’errore fatale per i liberali classici. Troppi liberali di destra sono inclini ad uno spudorato matrimonio di convenienza con i populisti. Troppi liberali di sinistra sono ossessionati sul mostrare come anche loro vogliano la giustizia sociale. Entrambi si consolano con il pensiero che l’illiberalismo più intollerante sia appannaggio di frange minori. Non c’è da preoccuparsi, dicono, l’intolleranza fa parte del meccanismo del cambiamento: mettendo al centro dell’attenzione le ingiustizie, spostano il terreno del confronto

Eppure è proprio contrastando le forze che rendono le persone estremiste che i liberali classici impediscono che le ali estreme si rafforzino. Applicando i principi liberali, si possono risolvere i molti problemi della società senza ricorrere alla coercizione. Solo i liberali apprezzano la diversità in tutte le sue forme e capiscono come farne un punto di forza. Solo loro possono affrontare in maniera bilanciata tutti i problemi politici, dall’istruzione alla pianificazione economica e alla politica estera, in modo da liberare le energie creative delle persone. I liberali classici devono riscoprire il loro spirito combattivo. Dovrebbero affrontare i bulli e gli adepti della cancel culture. Il liberalismo è ancora il miglior motore per un progresso equo. I liberali devono avere il coraggio di dirlo.

 

 

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