Insomma, la bomba ad orologeria della intercettazione – in sé meschina – esplode in una Sicilia stanca, delusa e critica su Crocetta. Da tempo infatti si assiste impotenti ad una sorta di convergenza parallela tra i dirigenti Pd e il governo Crocetta: mai volontà comuni, mai azioni collettive, mai politiche confluenti, mai strategie condivise. Solo accordi di potere e scontri senza esclusione di colpi, solo leaderismo presunto e tribù con cacicchi in lotta, solo alleanze verticistiche e presidi di notabili vecchi e nuovi.
In Sicilia alberga non solo l’antipolitica ma, peggio, la “ non politica “. Un virus micidiale che debilita il corpo del Pd, i cui capi alle primarie erano quasi tutti dalemiani ed ora stanno con Renzi per prontezza d’adattamento. La “non politica” predomina nella classe dirigente siciliana, marginalizzando idee e progetti di buon governo e la voglia di di partecipazione, di rottura e di cambiamento.
In Sicilia c’è un detto: “calati iuncu ca’ passa a china”, ossia “abbassati giunco perché passa la piena”, laddove “iuncu” potrebbe ben stare per Pd, e “china” per Crocetta. Il pericolo è che stavolta il fiume sradichi la pianta. A questo punto, le dichiarazioni di rito dei vicesegretari sono volatili e i tatticismi di palazzo controproducenti. Occorre un atto di discontinuità. Quale? Il segretario del Pd Renzi presieda una grande assemblea dei democratici con la quale ridefinire un nuovo percorso per riavvicinarsi ai siciliani amareggiati ma vogliosi di sperare e lottare per una Sicilia che cambia verso.
Esponente del Partito democratico ennese ed appartenente alla tradizione riformista siciliana