di Danilo Di Matteo
Il giovane perito conciliare del Vaticano II Joseph Ratzinger, vicino al cardinale Frings, arcivescovo di Colonia, è come lui un “novatore”, fino ad assumere una posizione critica verso la “Nota esplicativa previa”, un documento volto a ridimensionare il ruolo e le prerogative del “collegio episcopale” nella chiesa cattolica, a vantaggio della “monarchia papale”.
Più noto è il suo atteggiamento in anni a noi più prossimi, alla guida della Congregazione per la dottrina della fede. Non condivide, ad esempio, il richiamo allo “spirito” di quel Concilio, come se, lungo quella scia, si potesse proseguire nell’opera di “aggiornamento” e di riforma. Per lui contano le elaborazioni del Vaticano II, contenute nei vari documenti, non quello spirito. Detto altrimenti: esso si è concluso. Non vi può essere, non vi deve essere una sorta di riforma permanente.
Ma, a parer mio, Benedetto XVI non sarà ricordato tanto come un “novatore” o un “conservatore”, no; resterà soprattutto il suo gesto, il suo passo indietro, resterà il suo “vivere nascostamente”, prontamente colto, con la consueta sagacia, da Massimo Cacciari. Resterà il suo silenzio, più eloquente di diecimila parole, più forte del rumore di fondo della nostra epoca, del frastuono tanto stupido quanto assordante delle polemiche sterili. Forse troppo frettolosamente lo si è definito come il “papa teologo”. Egli dimostra, anche in questi giorni, anche in queste ore, di essere un grande mistico, un grande uomo di fede. Un esempio vivente di spiritualità. Il papa teologo, insomma, resterà nella storia più come Celestino V, l’eremita del Morrone, che come un Dottore della chiesa. Tutta la sua vita, e in modo particolare i suoi anni da papa emerito, così come la malattia e il modo con il quale la sta attraversando somigliano a una lunga, intensa preghiera, nutrita dal silenzio. Non so se Dio sia davvero silenzio; so però che la vita, le parole, la lunga, silenziosa preghiera di quest’uomo sono colme di fede.
Psichiatra e psicoterapeuta con la passione per la politica e la filosofia. Si iscrisse alla Fgci pensando che il Pci fosse già socialdemocratico, rimanendo poi sempre eretico e allineato. Collabora con diversi periodici. Ha scritto “L’esilio della parola”. Il tema del silenzio nel pensiero di André Neher (Mimesis 2020), Psicosi, libertà e pensiero (Manni 2021), Quale faro per la sinistra? La sinistra italiana tra XX e XXI secolo (Guida 2022) e la silloge poetica Nescio. Non so (Helicon 2024) È uno degli autori di Poesia e Filosofia. I domini contesi (a cura di Stefano Iori e Rosa Pierno, Gilgamesh 2021) e di Per un nuovo universalismo. L’apporto della religiosità alla cultura laica (a cura di Andrea Billau, Castelvecchi 2023).