di Francesco Gastaldi
La pianificazione di medio periodo, è fallita miseramente in questa pandemia. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è più previsioni, cosa possiamo sapere oggi del futuro dopo la destabilizzazione che abbiamo vissuto?
La crisi del Covid-19 è solo l’ultima crisi che avrà influssi rilevanti sulla vita e il destino di città, territori, nazioni. Già la crisi economica che si è sviluppata a partire dal 2007-08 aveva evidenziato un gap sempre più evidente fra ruolo degli strumenti di pianificazione e previsione e dinamiche reali che poi si sono verificate.
Ora tutti aspettano che si torni alla “normalità”.
Ma si potrà tornare al mondo che abbiamo conosciuto? Come reagiranno i vari territori? Si allargheranno disuguaglianze? Alcune aree sapranno reagire meglio di altre, gli ambiti marginali ne usciranno ancora più deboli? Quali nuovi equilibri geopolitici internazionali? L’Unione europea e altre istituzioni sovranazionali dovranno cambiare radicalmente per non perire, in quali direzioni andare?
Le crisi riarticolano assetti gerarchici e geo-politici, provocano decadenza di polarità, generano fenomeni indeterminati, hanno effetti e interdipendenze imprevedibili.
Le crisi evidenziano molte nostre incapacità nel pre-configurare il futuro, anche a breve periodo e perfino il carattere scarsamente razionale di operazioni di questo tipo che in breve periodo appaiono vecchie e superate.
Il carattere proprio di un’operazione di pianificazione consiste nel voler determinare i comportamenti futuri di una pluralità di soggetti, ma le crisi evidenziano una inadeguatezza delle conoscenze utilizzate per la definizione di molte politiche, perfino quelle di intervento emergenziali.
La realtà è sempre più complessa di quanto vorremmo, le variabili in gioco in un mondo globale e sempre più interconnesso aumentano anziché diminuire.
In termini generali questa problematica tende a coincidere con quella del ruolo, del senso e della legittimità di un intervento pubblico eccessivamente rigido e di modelli programmatori anche di medio periodo che in tempi di cambiamenti sempre più veloci generano cattive performance e attese irragionevoli, perverse e spesso troppo alte.
Ci sentiamo sempre più impotenti, ma è difficile prenderne atto, prevale una sopravvalutazione della capacità delle politiche pubbliche di produrre risultati conformi a determinate attese, salvo poi verificare che questo non accade. Il credito di cui alcuni tipi di pianificazione godono, a dispetto dei risultati, sono forse correlabili ad una sopravvalutazione della capacità di guidare cambiamenti sociali ed economici.
Inoltre, nei periodi emergenziali affinché creatività, innovazione e risposte efficaci si sviluppino c’è bisogno di un sistema semplice di regole di base, così da poter favorire forme di sperimentazione da parte della realtà socio-economica, un sistema di pianificazione può precludere opportunità.
La capacità delle istituzioni di adattarsi alle crisi e a situazioni concrete non previste e di inventare soluzioni adatte alle particolari forme che alcuni problemi possono assumere, si scontra con l’inadeguatezza di un sistema eccessivamente rigido, burocratico e vincolistico.
Francesco Gastaldi (1969) è Professore associato di urbanistica presso l’Università Iuav di Venezia. È stato ricercatore presso la stessa università nel periodo 2007-2014. Laureato in architettura presso l’Università degli Studi di Genova, ha conseguito il dottorato di ricerca in pianificazione territoriale e sviluppo locale presso il Politecnico di Torino. Svolge attività di ricerca su temi riguardanti le politiche di sviluppo locale, la gestione urbana, le vicende urbanistiche della città di Genova dal dopoguerra ad oggi. Partecipa a ricerche MIUR e di ateneo, ricerche e consulenze per soggetti pubblici e privati.