di Emilia Patta
“Noi siamo ontologicamente diversi dal M5S e dalla destra. Noi siamo quelli dell’Europa, non quelli che vogliono uscire dall’euro o che propongono la doppia moneta”. È la prima volta che Matteo Renzi pronuncia parole così chiare in favore dell’Europa. Certo, è un’Europa da cambiare e da rinnovare. Ma non è più il tempo degli attacchi agli euroburocrati e all’Europa degli zero virgola. È il tempo dell’asse con la Francia di Emmanuel Macron contro tutti i populismi, a cominciare da quelli nostrani del M5S e della Lega attaccati in questi giorni anche per l’uso disinvolto delle fake news.
“Rifiuto l’idea che il futuro dell’Europa sia talmente deresponsabilizzante da far decidere a una monetina – dice il leader del Pd in una stazione Leopolda mai così affollata riferendosi al sorteggio sull’Ema che ha penalizzato Milano in favore di Amsterdam -. E oggi il riferimento per la nostra idea di Europa è Macron. Se riuscirà a mettere insieme superamento dell’austerità, riforma della governance e lotta ai populismi”.
Quello che colpisce di questo Renzi versione Leopolda numero 8, la prima dopo la sconfitta al referendum costituzionale dello scorso anno, è proprio la “svolta” europeista. L’inventore della rottamazione e del #cambioverso sembra aver dismesso i vecchi panni per indossare quelli del riformatore per così dire tranquillo: il Pd, con i suoi alleati, come grande forza al tempo stesso moderata e rinnovatrice (Macron stesso, incontrato all’Eliseo appena una settimana fa, parla di «rifondazione» dell’Europa); il Pd come unico argine al salto nel buio rappresentato dai diversi populismi del M5S e della destra lepenista-leghista.
D’altra parte non è più il tempo degli assalti al cielo. Renzi stesso invita i suoi a riportare all’ora presente l’orologio rotto della Leopolda, fermatosi qualche giorno prima del 4 dicembre scorso. E li esorta a guardare in faccia la realtà: quella del fallimento del tentativo di ammodernare e semplificare il sistema politico e istituzionale italiano. Certo, ammette, “di fronte alla crisi europea – che vede anche la grande Germania interrogarsi sulla crisi della democrazia – molti di noi pensano: ah, se fosse passato il referendum”. Perché è chiaro che solo la Francia di Macron, con il sistema del doppio turno, resta un modello di democrazia decidente pur in presenza di partiti deboli come quelli attuali. Mentre la Spagna e la Germania, e forse anche l’Italia tra breve, disegnano uno scenario pericolosamente caotico.
Estratto da www.ilsole24ore.com
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