LibertàEguale

Lezioni dalla Baviera: un’alternativa europea allo sfascismo

di Alessandro Maran

 

Grazie al cielo il voto della Baviera ha deluso l’Internazionale sovranista e, come ha scritto Claudio Cerasa, “l’amore per i partiti che hanno a cuore l’Europa è ancora infinitamente più forte dell’amore per i partiti che considerano l’Europa la fonte di ogni guaio”.

 

Il crollo elettorale della CSU

Ma, a ben guardare, la lezione più importante è un’altra. L’Unione Cristiano-Sociale (CSU), sorella della più moderata Unione Cristiano-Democratica (CDU) di Angela Merkel, ha registrato il peggior risultato degli ultimi settant’anni e ha perso la maggioranza nelle elezioni per il rinnovo del parlamento bavarese di domenica scorsa.

Ora, il crollo elettorale della CSU terrà a freno l’entusiasmo dei conservatori della CDU che insistevano perché la Merkel emulasse le ricette del duo Söder-Seehofer. Ma il risultato (in una delle più ricche regioni d’Europa, dove la disoccupazione quasi non esiste e la crisi migratoria del 2015 è stata gestita incredibilmente bene ed il partito che ha governato per decenni è sbandato parecchio a destra negli ultimi mesi) la dice lunghissima sulla mobilità elettorale crescente e storicamente senza precedenti e sull’indebolimento dei tradizionali sentimenti di appartenenza e di identificazione nel partito, sia in Germania che altrove.

Un aspetto sul quale mi sono soffermato in diverse occasioni (“I 3 punti della svolta a destra europea e i puntini da connettere del Pd”, Il Foglio 11 aprile 2018  e “L’edificio riformista. Le ragioni del crollo e i pilastri della ricostruzione”, Assemblea nazionale di Libertà Eguale di Orvieto: https://www.radioradicale.it/scheda/546870) e sul quale oggi torna l’Economist (“Support for Bavaria’s long-dominant CSU falls to its lowest level since 1950. The German state follows a European pattern of fragmentation”).

 

Cresce la mobilità elettorale

“L’Unione Cristiano Sociale è stata la sintesi di quello che i tedeschi chiamano ‘Volksparteien’, ovvero partito popolare. Queste big-tent enormi di centro-destra e di centro-sinistra, nella maggior parte dei paesi occidentali, detenevano una sorta di monopolio sulla politica. Ma nella maggior parte dei paesi occidentali, quel monopolio si sta dissolvendo”, scrive l’Economist.

“I gollisti e i socialisti stanno perdendo importanza in Francia mentre crescono l’estrema destra, l’estrema sinistra e il centro radicale. In Olanda, in Spagna, in Svezia e in Italia, i vecchi democratici cristiani e i socialisti sono stati ridimensionati da forze più dinamiche a destra, a sinistra e al centro”.

“A livello nazionale, la vecchia idea di grandi partiti tradizionali come camere di compensazione per diversi punti di vista e diversi interessi sta lasciando il posto a qualcosa di più tribale. Comunque la si pensi sulla CSU (e sulla SPD bavarese, bocciata allo stesso modo), bisogna riconoscere che il suo declino rappresenta qualcosa di più importante: la fine dell’era del consenso e l’alba di una nuova era di conflitto intra-europeo.”

 

Oltre i partiti tradizionali, serve un nuovo contenitore

Insomma, non dobbiamo attendere per sapere se la politica europea è destinata a cambiare: è già cambiata.

Una cosa sulla quale anche il Pd dovrebbe riflettere. E il punto su cui ragionare lo esplicita Claudio Cerasa: “E se l’Italia alternativa a quella sfascista avesse un disperato bisogno di creare tra i due partiti europeisti un nuovo contenitore con una nuova leadership che non sia un semplice make up dei vecchi partitini di centro e che sia capace di parlare agli elettori assettati di novità? Lo spazio c’è, gli elettori pure, la resipiscenza è possibile e il caso della Baviera ci dice che per provarci potrebbe essere una pessima idea aspettare che non ci sia più nulla da perdere”.

Lascia un commento

L'indirizzo mail non verrà reso pubblico. I campi richiesti sono segnati con *