di Carlo Fusaro
A caldo e a scanso di equivoci.
La proposta utilmente avanzata (finalmente, dico io) da Renzi di usare il tempo di una legislatura che continua per vedere se si fa fare qualche passo serio in avanti alla governabilità in Italia, merita una discussione approfondita. Non si liquida in due battute.
Intanto però chiariamo alcune cose.
Primo: ci sono molte soluzioni diverse, simili ma significativamente diverse e con risultati attesi diversi.
Secondo: sfuggiamo alla guerra delle definizioni e alle dispute accademiche. Non ce ne frega nulla se va chiamata (la soluzione) presidenziale, semipresidenziale, neoparlamentare etc. (Gli studiosi fanno bene a sbizzarrirsi, politici e cittadini li lascino fare.)
Terzo: la proposta ha una lunga storia, e NON è elezione diretta. E’ investitura diretta che nasce da un voto per l’Assemblea che sulla base di candidati presentati PRIMA e di un programma (ed eventualmente di UN partito o di UNA coalizione: cambia, eccome!) porta di norma – appunto – a permettere agli elettori l’indicazione nitida di un premier, un governo, una maggioranza. Resta la flessibilità: perché l’assemblea può sfiduciare e anche sostituire in corso di legislatura (ma nel presupposto che questa sia non la regola, ma la rara ECCEZIONE).
Per tutto ciò è INDISPENSABILE una legge elettorale ad hoc. Non può essere proporzionale pura, non può essere (in Italia, oggi) il maggioritario uninominale first past the post. Difficilmente può essere il maggioritario uninominale a due turni francese. Può ben essere il doppio turno di lista che conferisce una maggioranza di seggi. Cioè qualcosa di identico o simile a Italicum.
Spiega bene Stefano Ceccanti (collega prof e deputato PD, ma prima di tutto teorico di questo modello con Augusto Barbera ed alcuni altri, fra i quali chi scrive, sin dai primi anni Novanta): «Il punto tecnico lo chiarisce bene Clementi sul Foglio: se ci si vuol muovere dentro le soluzioni neoparlamentari (quelle che secondo la tradizione della sinistra democratica francese: Duverger, Club Jean Moulin) in alternativa alle soluzioni presidenziali e semi-presidenziali fanno nascere il rapporto di fiducia dal voto degli elettori creando un continuum lungo elettori-maggioranza parlamentare-Governo rendendo il cittadino arbitro dei Governi), il diavolo si annida nei dettagli. Come c’è un semipresidenzialismo efficiente (Francia odierna, due elezioni maggioritarie connesse) e uno inefficiente (Weimar: elezione diretta del Presidente e proporzionale per il Parlamento), così ci sono soluzioni neo-parlamentari più o meno adeguate (a livello nazionale c’è bisogno di una flessibilità maggiore di quella che si usa per comuni e regioni, è preferibile non un’elezione ma una legittimazione diretta come nel doppio turno di coalizione che aveva proposto il Pd) e, soprattutto, bisogna tenere legate la scelta di una maggioranza e la legittimazione del Presidente del Consiglio (contrariamente alla deviazione israeliana del modello che le separava). Usciamo quindi dagli slogan favorevoli e contrari che troviamo ricostruiti propagandisticamente su alcuni commenti (si tratta di modelli neoparlamentari e non presidenziali, nascono come matrice culturale a sinistra e non a destra, Israele non c’entra, se anche si ritengono non convincenti vanno comunque trovate altre soluzioni costituzionali sulla forma di governo abbinate ad altre leggi elettorali) e discutiamo nel merito. Senza farsi ossessionare nel giudizio da chi al momento la propone e da chi la avversa e dalla logica delle ventiquattro ore.
Di tutto si può e si deve discutere, però bisogna appunto precisare bene i dettagli e, ancor più, collocare le proposte sulle singole policies dentro un percorso lineare di politics. E’ ancora possibile e, credo doveroso, farlo a partire dall’attuale maggioranza almeno per chi l’ha fatta nascere.»
Presidente del Comitato scientifico di Libertà Eguale. Già professore ordinario di Diritto elettorale e parlamentare nell’Università di Firenze e già direttore del Dipartimento di diritto pubblico. Ha insegnato nell’Università di Pisa ed è stato “visiting professor” presso le università di Brema, Hiroshima e University College London. Presidente di Intercultura ONLUS dal 2004 al 2007, trustee di AFS IP dal 2007 al 2013; presidente della corte costituzionale di San
Marino dal 2014 al 2016; deputato al Parlamento italiano per il Partito repubblicano (1983-1984).