di Elisabetta Corasaniti
Ora più che mai, la cultura liberale ed europeista è sotto attacco da parte delle forze nazionalpopuliste che, rinchiuse in un distopico disegno sovranistico, vogliono riportarci indietro di decenni.
Decrescite più o meno felice, destabilizzazione delle istituzioni democratiche, disegni inverosimili di democrazia diretta.
C’è un popolo che resiste
Il popolo della Leopolda resiste e contrattacca.
Senza cerimoniali, senza schemi da vecchio Partito, al costo di andare oltre il PD. È il popolo di una generazione stanca di attendere un cambiamento che non arriva mai, come un treno in perenne ritardo.
Renzi si è ritrovato politicamente abbandonato. Non oggi, non dal 5 marzo. È stato abbandonato dal suo stesso partito nel più importante progetto rigenerativo e riformista degli ultimi anni.
L’obiettivo era ed è liquidare definitivamente la parabola renziana scaricando sull’ex premier tutte le responsabilità del crollo elettorale di marzo scorso, ritenuto il risultato delle “politiche di destra” realizzato con il suo governo.
Eppure, a Firenze, in quella vecchia stazione, Renzi rilancia, con forza, il progetto riformista del “ritorno al futuro”.
Rivolto a tutti, tutti quelli che condividono il sogno di una rivoluzione liberale. Come fanno i veri leader, perché di fronte alla questione del “noi” e dell’io” che ha estenuato la base del Pd, il senatore fiorentino ha definitivamente rivendicato il suo disegno politico.
“Politica significa orgoglio di provarci”
Un movimento riformista, dinamico che non deve limitarsi a offendere il politico di turno non gradito al governo.
Dalla Leopolda 9 nasce una volontà politica in grado di intercettare i consensi sia dai moderati, sia dal campo progressista, nel nome del no ai populismi sovranisti di matrice lepenista o grillina.
E’ il sogno che ha tenuto insieme un pezzo importante di popolo: l’Italia dei sindaci, l’Italia della semplificazione, l’Italia della riforma costituzionale.
L’Italia ha bisogno di una politica migliore.
Questa politica esiste e “politica significa orgoglio di provarci” come ha ricordato alla Leopolda il sindaco di Ercolano, Ciro Buonajuto. Per tanto, troppo tempo, abbiamo assistito allo spettacolo di un gruppo dirigente distante e forse diverso dal suo elettorato, dai tesserati, dai volontari che abitano le sezioni, promuovono banchetti, e credono ancora che sia la politica, quella buona, la sola risposta alla crisi della rappresentanza.
Una rivoluzione culturale prima che economica, perché “l’indotto sociale è più importante di quello economico”.
Al momento, nel PD sembra unito solo il fronte anti Renzi. Quanto ancora bisogna sbattere la testa per poter finalmente iniziare un nuovo progetto liberale, federalista, europeista e riformista? La sinistra più tradizionalista sconta ancora il materialismo storico, è collettivista e non riesce a staccarsi dalle sue categorie.
Ripartire da un movimento compatto, snello, unito.
Occorre ripartire dal basso con un movimento compatto, snello, granitico, unito, con idee chiare e senza mille correnti tribali cariche d’odio.
Occorre ripartire da un popolo che non ama le divisioni ma soprattutto le false narrazioni.
Per carità, si discuta sempre sulle linee programmatiche e sulle strategie di come arrivarci, ma lo si faccia tra quattro mura e una volta decisa una linea, quella valga per tutti.
Renzi, dal canto suo, deve avere l’intelligenza (e l’autoironia, che non guasta mai), di cavalcare la voglia e le speranze del popolo della Leopolda: una politica responsabile e lungimirante.
Un nuovo cammino è cominciato.
Ricominciamo dai comitati civici: dall’impegno dei cittadini consapevoli, che nel quotidiano resistono alla degenerazione delle forme democratiche.
Ripartiamo con ottimismo. Ripartiamo con la certezza che una luce c’e.
Ma occorre farsi largo tra le tenebre. Con coraggio.
Aspirante giurista riformista, pianista e lettrice compulsiva. Tra Beethoven, Rachmaninov, Baricco, Kundera, Mortati e Smend, sono la mamma di Laura.
Sottoscrivo in pieno.