di Danilo Di Matteo
Durante i mesi bui del lockdown, ogni domenica ascoltavo online i brevi culti registrati di Greetje van der Veer, che aveva la cura pastorale della comunità metodista di Pescara (era anche componente della Tavola valdese). E ogni volta destava la mia attenzione e la mia riflessione il riferimento a “Dio padre e madre”.
E poco fa ho provato lo stesso stato d’animo riascoltando Giovanni Paolo I, appena proclamato beato, mentre evocava l’amore assoluto di Dio per la creatura umana, proprio come un padre e, soprattutto, come una madre. Era il 1978, e la teologia delle donne, con la rivisitazione al femminile dei testi biblici, già trovava espressione anche al vertice della chiesa di Roma.
Talora alcuni scorgono in tali riletture una forzatura, un anacronismo; quasi un voler imporre a tutti i costi a parole scritte in un certo tempo e da persone con una certa mentalità altri valori, altre intenzioni, un’altra visione. Non è così. Anzi, è vero il contrario: occorre sempre provare a discernere il messaggio di fede che emerge dal Libro, dai Libri biblici da ciò che è espressione della mentalità dei loro redattori e del contesto nel quale erano situati. E la Bibbia non manca di donarci suggestioni “al femminile”. Non solo: più il suo studio filologico ed ermeneutico si fa intenso e profondo, più esse emergono.
Il papa del sorriso, Albino Luciani, dunque, come il papa buono (Giovanni XXIII) e altre e altri, non era solo una persona mite e semplice. Quella semplicità, piuttosto, trasudava di sapienza, di sensibilità, finezza, tatto, cultura, sentimento, pensiero. La “sapientia cordis” che egli attribuiva proprio al predecessore Roncalli. O “le ragioni del cuore” di Blaise Pascal.
Molto si è parlato, e polemizzato, sulle cause della morte di Luciani, nell’anno dei tre papi, il 1978: Paolo VI, Giovanni Paolo I, appunto, e Giovanni Paolo II. È ora di riflettere sul suo lascito: poco più di un mese di pontificato può dirci tanto (come insegna la Bibbia, mille anni possono corrispondere a un giorno e viceversa). Celestino V, l’eremita del Morrone, non a caso, è forse il vescovo di Roma dei secoli lontani di cui più serbiamo memoria.
E, confidando nell’aiuto benevolo di Dio “padre e madre”, i credenti (e non solo) non possono che lavorare per il dialogo e la piena collaborazione tra le differenti tradizioni cristiane e, anche, tra le varie religioni. L’esperienza dei “corridoi umanitari” è già lì, come un piccolo seme.
Psichiatra e psicoterapeuta con la passione per la politica e la filosofia. Si iscrisse alla Fgci pensando che il Pci fosse già socialdemocratico, rimanendo poi sempre eretico e allineato. Collabora con diversi periodici. Ha scritto “L’esilio della parola”. Il tema del silenzio nel pensiero di André Neher (Mimesis 2020), Psicosi, libertà e pensiero (Manni 2021), Quale faro per la sinistra? La sinistra italiana tra XX e XXI secolo (Guida 2022) e la silloge poetica Nescio. Non so (Helicon 2024) È uno degli autori di Poesia e Filosofia. I domini contesi (a cura di Stefano Iori e Rosa Pierno, Gilgamesh 2021) e di Per un nuovo universalismo. L’apporto della religiosità alla cultura laica (a cura di Andrea Billau, Castelvecchi 2023).