di Stefano Ceccanti
Con riguardo al dibattito ospitato su questo sito in questi giorni, mi permetto di rilevare due tipi di problemi per i quali, secondo me, regge benissimo la linea proposta da Petruccioli e per cui invece il testo di Tonini ha una seria contraddizione interna.
Il primo riguarda tutti coloro che hanno proposto un confronto col M5S. In politica esistono i rapporti di forza e non bisogna mai essere mossi da un complesso di superiorità culturale per il quale siccome si ha per forza ragione, anche gli altri, pur avendo forze maggiori, finiranno per arrendersi provvidenzialisticamente, (paternalisticamente scrive Fabbrini) alle nostre tesi. Qui siamo in presenza di un rapporto di forze 2 a 1 a favore del M5s e a un’organizzazione coesa in modo militare, dal garante a vita (Grillo) al gestore della piattaforma privata senza controllo (Casaleggio).
Il secondo, invece, riguarda solo il ragionamento di Giorgio Tonini, la cui posizione è del tutto peculiare (e forse questo è una parte del problema). Tonini è l’unico, mi pare, degli aperturisti verso il M5S che parte dal giusto presupposto che la linea divisoria europeisti-sovranisti sia quella in questa fase più rilevante (rinvio agli illuminanti testi di Fabbrini, De Giovanni e Cominelli) e si propone di “convertire” il M5s facendo adottare da esso una linea non diversa ma addirittura opposta a quella sostenuta nei programmi elettorali (quando mai è accaduto?) cosa improbabile tanto più se quello si considera oggettivamente il tema cruciale.
Viceversa pressoché tutti gli altri esponenti del Pd aperturisti verso il M5s non ragionano affatto come Tonini, ma pensano invece, del tutto all’opposto, che l’asse destra-sinistra sia quello decisivo (non quello sovranisti-europeisti) e che il M5s sarebbe un possibile partner perché avrebbe posizioni più vicine alla sinistra tradizionale, comprese quelle di fare più debito pubblico a livello nazionale. Si tratta infatti dei settori del Pd che non la pensano tanto diversamente dal M5s sull’equilibrio di bilancio in Costituzione, che in nome della lotta al liberismo rivela anche un certo deficit di cultura liberale che si riversa anche nel giustizialismo.
Insomma, se fosse prevalsa l’apertura proposta da Tonini ciò avrebbe visto prevalere nel Pd posizioni che sarebbero andate a sostenere al tavolo posizioni di merito opposte a quelle di Tonini, che avrebbero spinto il Pd nelle mani degli argomenti sbagliati del M5s e non viceversa.
Per fortuna, quindi, anche di Tonini e della sua giusta affermazione di partenza sulla centralità della linea di frattura sovranisti-europeisti quel rischio è stato evitato e il Pd, pur all’opposizione, non ha snaturato la sua posizione sulla questione politica chiave. Evidentemente bisognerà trovare il modo di spiegarlo in modo nuovo se gli elettori non ci hanno premiato, ma almeno, specie dopo il disvelamento della prima bozza di accordo, perfettamente coerente coi programmi elettorali di Lega e M5s, possiamo farlo nello scontro tra posizioni chiare e non conciliabili.
Per questo è doveroso leggere dopo Petruccioli anche i testi di Fabbrini, De Giovanni e Cominelli.
Vicepresidente di Libertà Eguale e Professore di diritto costituzionale comparato all’Università La Sapienza di Roma. È stato Senatore (dal 2008 al 2013) e poi Deputato (dal 2018 al 2022) del Partito Democratico. Già presidente nazionale della Fuci, si è occupato di forme di governo e libertà religiosa. Tra i suoi ultimi libri: “La transizione è (quasi) finita. Come risolvere nel 2016 i problemi aperti 70 anni prima” (2016). È il curatore del volume di John Courtney Murray, “Noi crediamo in queste verità. Riflessioni sul ‘principio americano'” , Morcelliana 2021.