di Ileana Piazzoni
Grazie a un articolo del Corriere della Sera, sono risalita a questo scritto (al quale rimando per la lettura), che è stato ritwittato con entusiasmo da Pasquale Tridico, ministro del welfare in pectore del fantagoverno grillini pre-elezioni, e attuale consulente di Di Maio a cui è assegnata la responsabilità del dossier “reddito di cittadinanza”.
E’ davvero molto utile per tre principali ragioni:
- mette in luce la differenza fondamentale tra il nostro impianto (Pd e ampia parte delle organizzazioni sociali), basato sull’importanza delle politiche attive e delle politiche di inclusione, e quello del M5S (e di un’altra parte di organizzazioni sociali) basato sull’idea di un’erogazione di reddito il più possibile privo di condizionalità, in quanto le politiche attive del lavoro e di inclusione sociale sarebbero “intrise di una logica paternalistica sostenitrice del principio per cui l’insicurezza reddituale deriva da colpe o mancanze individuali e non da distorsioni del sistema sociale e del mercato del lavoro”;
- l’ammissione che le coperture di spesa contenute nella proposta di legge del reddito di cittadinanza della scorsa legislatura erano del tutto farlocche, e che “il reddito di cittadinanza non dovrebbe essere finanziato da spesa aggiuntiva ma piuttosto da una corretta razionalizzazione delle spese sociali previdenziali, assistenziali e di stimolo fiscale esistenti”, perché l’obiettivo è “strutturare, in breve tempo, una forma di sicurezza reddituale di base permanente, spostando le risorse finanziarie dalle politiche di attivazione alle politiche di redistribuzione”. Da qui l’elenco di quanto dovrebbe essere eliminato per finanziare il reddito di cittadinanza: l’ampliamento della Naspi, l’Asdi (in realtà già riassorbita nel Rei), la Discoll, il Rei, l’Assegno di ricollocazione, la Garanzia Giovani, gli 80 euro ai redditi medio-bassi, il Bonus Cultura;
- nonostante l’obiettivo dell’articolo sia criticarlo, ha il pregio di mettere in evidenza (seppur in modo incompleto) il forte investimento fatto dai governi Renzi e Gentiloni in termini di protezione sociale, non inferiore alle promesse grilline ma modulate in altro modo perché basato su concezioni diverse del lavoro e della società.
Un confronto con il governo
Se, come ipotizza credibilmente anche il Corriere, questa è la strada che Di Maio intende seguire, direi che ce n’è abbastanza perché si apra immediatamente un “confronto” forte e pubblico con il governo in carica, uscendo dal timore di andare contro un intervento a favore di “chi ha meno”.
Perché la realtà ci dice esattamente il contrario.
Esperta di politiche sociali. È stata consigliere comunale ed assessore alle Politiche Sociali del comune di Genzano (Rm). Ha lavorato presso le segreterie politiche della Presidenza del Consiglio Provinciale di Roma e dei Gruppi del Consiglio Regionale del Lazio. Eletta nel 2013 deputata con SEL, nel 2014 sceglie di sostenere l’esecutivo Renzi e aderisce al PD. È stata Segretaria della XII Commissione (Affari Sociali) della Camera dei Deputati e relatrice del disegno di legge sul contrasto alla povertà.