LibertàEguale

Ma la pace non può significare la rimozione e la resa dell’Ucraina

di Umberto Minopoli

 

Lega e M5S, ormai, si saldano in un fronte comune. Si opera una finta contrapposizione, tra invio delle armi e diplomazia. Per operare una presunta opposizione tra presunti falchi e presunte colombe e smarcarsi, così, dalla politica del governo e, personalmente di Draghi.

E’ una posizione pericolosissima che coincide con la linea di Putin. Che rovescia il problema: la responsabilità della guerra è dell’Ucraina che resiste, dell’Occidente che l’appoggia e dei leader europei che inviano armi, appiattendosi sugli Usa.

Questa posizione sconta una conseguenza politica che sarebbe, per l’Italia, disastrosa e immorale: la rottura con l’Ucraina e il suo governo aggredito. Che, alla fine, Salvini e Conte, al pari di Lavrov, vedono come ostacolo alla pace e che, se costretto alla resa, faciliterebbe un negoziato.

E’ questa la conseguenza poco nobile, insopportabile e, anche, falsa e controproducente.

Si dimentica che la guerra è contro l’Ucraina. E che la pace va fatta con l’Ucraina al tavolo. Che può trattare se sta in piedi, se non perde sul campo.

Questa condizione vale per tutti gli aspiranti negoziatori. Compreso, se consentite il Papa. Nessuno dovrebbe parlare di pace rimuovendo il protagonista in essa: il legittimo governo ucraino, gli aggrediti.

Invece c’è chi li rimuove, li mette sullo sfondo, li vede come intralcio al negoziato. Per finire, implicitamente, ad auspicare la resa di Zelensky e l’esautoramento dal tavolo del negoziato come il fattore della pace.

Cos’è questo se non parteggiare per Putin? Con il risultato, però, che su queste premesse la solidarietà occidentale andrebbe in frantumi, gli ucraini resisterebbero sostenuti da Usa e Gran Bretagna e altri europei, l’Italia perderebbe la faccia.

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