di Enrico Morando
È strano che nessuno lo abbia ricordato, ma Merkel e Macron, esattamente due anni fa, ci avevano già provato. Nella Dichiarazione congiunta uscita dal vertice franco-tedesco di Meseberg del giugno 2018, si poteva leggere: “L’unica risposta appropriata alla crisi…sta nella cooperazione europea“. Per questo, le due delegazioni si impegnano ad una iniziativa comune per “istituire il bilancio dell’Eurozona. Per la competitività, la convergenza, la stabilizzazione, a partire dal 2021“.
Allora come oggi i due leader erano perfettamente consapevoli delle resistenze che avrebbero dovuto vincere per procedere sulla strada della costruzione della “capacità fiscale“ dell’Eurozona. Quel che non potevano prevedere, allora, era che il neonato Governo italiano-il Conte primo, dominato dai due vicepremier Di Maio e Salvini-non solo non fornisse il necessario sostegno alla loro proposta, ma compisse addirittura atti capaci di contribuire ad affossarla. Direttamente, trasformando il Consiglio di fine giugno 2018 in una riunione a tema unico: l’immigrazione. E indirettamente: la promessa Legge di bilancio italiana per il 2019, violatrice di tutte le regole fiscali nazionali ed europee, fu il migliore degli assist per i governi che da sempre si battono contro la creazione del bilancio dell’Euroarea.
Oggi, quando Merkel e Macron propongono un’emissione di Bond comuni da 500 miliardi di euro possono contare sul consenso impegnato del Governo italiano e su quello di tutti gli altri Paesi mediterranei, che possono fornire un contributo determinante per vincere le immutate resistenze dei Paesi che contrastano la prospettiva della costruzione di un’effettiva capacità fiscale dell’Unione e, in primo luogo, dell’Area euro.
Gioverà – a favorire un buon esito del confronto in corso – la confusione che sembra regnare – essa sì, assolutamente “sovrana“ – nel campo dei nazionalpopulisti. Salvini ha testualmente giudicato “troppo poco“ l’enorme salto verso l’integrazione fiscale (e quindi direttamente politica), proposto da Merkel e Macron. Le Pen lo ha seguito sullo stesso terreno. Se questi due acerrimi nemici dell’Europa e dell’Euro reagiscono con parole che autorizzerebbero a descriverli come europeisti più esigenti, questo costituisce un fattore di oggettivo indebolimento delle resistenze dei “governi del Nord“ ad aprire il processo che conduce verso il bilancio dell’Area euro. Non perché questi governi siano caratterizzati dalla presenza al loro interno di partiti nazionalpopulisti à la Salvini, ma perché il rifiuto di questi governi di mettere in comune contemporaneamente riduzione e gestione del rischio ha fino ad oggi diffusamente utilizzato, per prevalere, la presenza di una credibile minaccia del populismo illiberale. Una minaccia che potrebbe domani trovare nuovo alimento, se la sofferenza sociale ed economica indotta dalla pandemia dovesse approfondirsi e perdurare, ma che oggi appare in difficoltà politica ed elettorale (i sondaggi sulla Lega di Salvini; le difficoltà di AFD in Germania).
Tutto in discesa, dunque, il percorso verso le decisioni finali sul Recovery Fund? In discesa, no. Ma la salita non ha più le pendenze di un tempo: spese europee, finanziate con le emissioni di debito comune, si trascinano dietro entrate europee. E qualcosa comincia a circolare (nel documento franco-tedesco: “emission trading scheme”;Web Tax sui colossi del digitale)…
Per accelerare ulteriormente il processo, il Governo italiano deve però rapidamente abbandonare l’ambiguità che continua a mantenere sul ricorso alla linea di credito “sanitario“ del MES. All’Italia serve (abbiamo da ristrutturare la nostra sanità). Serve subito (il piano deve essere elaborato da…ieri e realizzato con tempi da ponte di Genova). Servono tanti soldi (compresi i 7 miliardi che abbiamo già speso o stiamo spendendo). Il MES ce li può fornire a condizioni molto vantaggiose (sui titoli a 10 anni, paghiamo oggi il 2%, mentre la Francia paga lo 0%. Sulle risorse MES pagheremo lo 0%).
Ma soprattutto: dovremmo avere chiaro che nella difficile discussione aperta in Europa l’Italia deve usare ogni attenzione a non fornire argomenti facili ai governi del “no”. Sono già pronti, cambiato il pochissimo che c’è da cambiare, a rimandare in onda il film del dopo Meseberg: “Bilancio comune dell’Euroarea? Ma come si fa, con l’Italia che vuole soldi a fondo perduto, ma rifiuta crediti a condizioni per lei vantaggiosissime?”.
Presidente di Libertà Eguale. Viceministro dell’Economia nei governi Renzi e Gentiloni. Senatore dal 1994 al 2013, è stato leader della componente Liberal dei Ds, estensore del programma elettorale del Pd nel 2008 e coordinatore del Governo ombra. Ha scritto con Giorgio Tonini “L’Italia dei democratici”, edito da Marsilio (2013)