di Danilo di Matteo
Non nascondo il mio gusto per il paradosso, per i paradossi, almeno apparenti.
Ero ancora un ragazzo quando da un lato coglievo i limiti e i difetti della “sindacatocrazia”, dall’altro scorgevo nei leader della “triplice” – Lama, Carniti e Benvenuto – la possibilità di rifondare in senso laburista la sinistra italiana. Mi sembravano le espressioni migliori del mondo comunista, cattolico e socialista.
Per non dire dell’esperienza britannica e del legame intimo, in quel contesto, tra sindacato e posizioni pragmatiche e innovatrici.
E mi appassionavo anche al percorso di Ivanoe Bonomi, “traduttore” della visione di Eduard Bernstein in Italia, approdato al minuscolo partito demo-laburista. Per non dire dell’interesse per le posizioni e per la cultura politica di cui è espressione, con altri, Valdo Spini.
Grazie a Libertà eguale, mi è nello stesso tempo capitato di riflettere sull’epoca post-lavorista nella quale ci capita di vivere, caratterizzata dalla centralità dei servizi, più che della fabbrica, dal superamento, tante volte, della tradizionale catena di montaggio, dal ruolo decisivo acquisito dal consumatore e dall’utente, dall’importanza crescente attribuita al tempo libero.
Novità che si riflettono nel lessico. Si tende spesso, oggi, a palare di lavori, al plurale, proprio a indicarne la varietà. Un modo per sottolineare la pluralità di approcci e di combinazioni possibili, ulteriormente evidenziata dall’emergenza pandemica, con il telelavoro divenuto fenomeno di massa, non più di élite. Anni addietro, del resto, alla Silicon Valley sostenevano, a mo’ di battuta, che non ci fosse una grande differenza, alla fin fine, tra l’impegnarsi creativamente per 24 ore consecutive o per un’ora al giorno durante 24 giorni.
E a tal riguardo credo che non sia da accantonare l’idea-guida della riduzione dell’orario di lavoro: non per decreto (l’esperienza francese ci insegna), bensì mediante percorsi versatili e aperti.
E se tante, forse troppe volte i sindacati assumono posizioni conservatrici o corporative (per non dire del loro volto servile o clientelare, in aree del pubblico impiego, ad esempio), proprio del mondo sindacale è espressione Marco Bentivogli, divenuto un punto di riferimento importante per i liberal-riformisti. A motivo della qualità delle sue proposte e per le sue capacità, certo, e, nello stesso tempo, per il suo legame con la realtà, con ciò che davvero si muove e cambia nel mondo del lavoro, dei lavori, da noi e nel resto del mondo.
Psichiatra e psicoterapeuta con la passione per la politica e la filosofia. Si iscrisse alla Fgci pensando che il Pci fosse già socialdemocratico, rimanendo poi sempre eretico e allineato. Collabora con diversi periodici. Ha scritto “L’esilio della parola”. Il tema del silenzio nel pensiero di André Neher (Mimesis 2020), Psicosi, libertà e pensiero (Manni 2021), Quale faro per la sinistra? La sinistra italiana tra XX e XXI secolo (Guida 2022) e la silloge poetica Nescio. Non so (Helicon 2024) È uno degli autori di Poesia e Filosofia. I domini contesi (a cura di Stefano Iori e Rosa Pierno, Gilgamesh 2021) e di Per un nuovo universalismo. L’apporto della religiosità alla cultura laica (a cura di Andrea Billau, Castelvecchi 2023).