Pubblichiamo l’intervista del quotidiano La Nazione a Dario Parrini
La Nazione ha avviato un dibattito nel centrosinistra con le interviste di Nardella e Rossi. Due tesi opposte. Lei che ne pensa?
Mai aver paura della discussione. Si evitino semmai le caricature. Non c’è al nostro interno una disputa tra chi il Pd lo vuole inclusivo e vincente e chi isolato e perdente. Pur con punti di vista diversi, Rossi e Nardella hanno rinunciato alle parodie. È un merito. Tutti amiamo il Pd e lo vogliamo più forte. Che ci siano idee diverse su come riuscirci non è un dramma.
Il confronto prende corpo ma il malessere cova. Congresso sì o no?
Congresso appena possibile. Perché è cambiato tutto da quando Zingaretti è stato eletto segretario. Allora eravamo all’opposizione di Lega e M5S: in due anni prima siamo diventati alleati di governo del M5S e poi di entrambi. E nel frattempo abbiamo subito due scissioni: quella, imperdonabile, di Renzi, e quella di Calenda. Una riflessione su cosa siamo è ineludibile.
Alleanza “contiana” in coalizione con 5 Stelle e Leu o accordi di programma?
Dire «con i 5S mai», o, al contrario, «con i 5S sempre e comunque», non è pensiero politico. È una scusa per non pensare. I cittadini chiedono prima di tutto di sapere cosa un partito vuol fare. E solo dopo quali sono le sue alleanze. Per strada non mi fermano per parlare di alleanze. Ma per sapere come il Pd vuol potenziare la sanità contro la pandemia e riformare burocrazia, fisco, scuola e formazione per avere più occupazione e meno disuguaglianze. Una volta che avremo definito bene il nostro profilo discuteremo, anche sulla base della legge elettorale con cui tra due anni si voterà, quali intese è necessario stringere». In Toscana il Pd ritiene indispensabili la Tirrenica, la Darsena Europa, la nuova pista aeroportuale fiorentina e la nuova stazione Tav, la multiutility quotata in Borsa al fine di migliorare e far costare meno acqua, gas e rifiuti. E allora? Per arrivare ad accordi coi 5S su questi temi decisivi mi pare ci sia parecchio da lavorare. Lavoriamoci, ma senza fughe in avanti e senza nessun preconcetto.
Quale identità per il Partito democratico post pandemia?
II Pd ha senso solo se è un grande partito di centrosinistra; un partito della solidarietà e della produttività, casa plurale dei riformismi socialista, popolare, liberale e ambientalista. Un partito che considera il 18.8% delle elezioni del 2018 e il 19% o poco più di oggi una base di consenso insoddisfacente. Perché, a prescindere da che alleanze fai, se non hai almeno il 30% sei subalterno, non puoi aspirare ad essere il primo partito del Paese e la vocazione maggioritaria altro non è che uno scioglilingua.
Pubblicato su La Nazione il 24/02/2021