di Umberto Minopoli
E’ il “fuoco amico” che sta paralizzando il Pd. I fischi di Genova, gazzarra organizzata (che poteva essere stigmatizzata più efficacemente, mi spiace dirlo, dalle massime e dalla massima autorità dello Stato presenti), sono stati occasione per riproporre (specie su Repubblica), una lettura dei problemi del Pd, e un suggerimento per affrontarli, che lo sta, invece, portando nelle sabbie mobili dell’inconcludenza, della paralisi e dell’inutilità.
La tesi del ‘pentimento’
Oggi il Pd non è né di governo e né di lotta. E’ intimidito e carico di complessi. E si va perdendo nella pratica di Martina: il cilicio, la tattica suicida del “pentimento”, la illusione mortale di inseguire e copiare le stramberie pericolose dei populisti (per ultimo, le nazionalizzazioni) per mostrare di aver colto la “lezione” della sconfitta elettorale. Demenziale.
Ma qual è la tesi da “fuoco amico” che sta uccidendo il Pd? L’ha illustrata su Repubblica, qualche giorni fa, la sociologa Nadia Urbinati. Subito abbracciata come spiegazione chiara, semplice e liberatoria da molti a sinistra. E’ la tesi secondo cui il Pd verrebbe contestato perché “partito senza popolo” (in verità avrebbe, ufficialmente, meno voti solo dei 5 Stelle). Il Pd perde, secondo Urbinati, perché è il partito dell’establishment, del liguaggio della serietà, della competenza, del rigore. Questo conferirebbe, conclude la Urbinati, un’immagine di pesantezza, altezzosità e distacco dai “bisogni del popolo”. Che, invece, sarebbero efficacemente rappresentati dalla deriva populista. Ovviamente, fa capire la Urbinati, è con Renzi e gli anni di governo che il Pd avrebbe raggiunto il massimo di questa separazione e distacco dalle “ragioni” del popolo. Nei suoi libri – è una notevole scrittrice – la Urbinati sostiene queste tesi, “la sinistra perde perché ha ceduto al liberismo, pentitevi”, applicandole alla sinistra intera in Europa e negli Usa.
La (contrita) strategia di Martina per “ritrovare il popolo”
Non è niente di nuovo e originale: vecchia e stantia paccottiglia sociologica “estremista” e radical-chic, ritrita da decenni. Una sorta di cura omeopatica: curare le malattie della sinistra (l’ansia di alterità e antagonismo che la frenano) con la radicalizzazione e il populismo. Demenziale.
Intanto, però, questo “fuoco amico” (da sinistra) e queste tesi bizzarre e stravaganti stanno facendo evaporare il Pd. Martina, che lo dirige, è diventata la personificazione fisica (la barba non aiuta) di questa strategia del “pentimento”, della contrizione, del sacrificio, del cilicio: “dobbiamo umilmente farci di lato, andare ad imparare in periferia, ascoltare ogni protesta, considerare ogni rivendicazione populista (tranne che non venga dalla Lega di Salvini), per ritrovare il popolo”.
Col piffero! Così lo perdi, del tutto e per sempre. E’ rinunciando a fronteggiare i populisti, è copiandoli e inseguendoli, con la radicalizzazione e la protesta qualunquista che costoro, la dirigenza del Pd, si suicideranno definitivamente.
La sinistra si suiciderà se darà retta al populismo
E’ il contrario della tesi di Urbinati e degli “intellettuali amici”: la sinistra perde in Europa perché ha ceduto, da anni, all’argomentazione populista. Ha perso in serietà, credibilità di governo e difesa delle ambizioni europee (tutte cose, ormai, cedute all’esclusiva rappresentanza in Europa dei partiti moderati, popolari e liberali di centro).
La socialdemocrazia è morta, in Europa, perché ha ceduto al populismo financo prima che questo nascesse. Si è da tempo, culturalmente, arresa ai suoi miti: l’ambientalismo conservatore, l’antindustrialismo, l’illusione redistributrice, invece che sviluppista, per combattere le diseguaglianze. Perdendo la sua identità di governo e di partito della crescita, dello sviluppo, del miglioramento sociale.
Tra balbettii e pentimento…
Il Pd di Martina ha ceduto, armi e bagagli, a questa paccottiglia da “fuoco amico”. Il Pd sarebbe ancora, pur col 20%, tra le residue formazioni della socialdemocrazia europea con una consistenza. Ma si sta perdendo nel “pentimento”: balbetta motivi populisti e liquida, come infamante e indicibile, la sua stessa positiva e decorosa esperienza di governo. Accetta i temi della “consensite” populista, disgregatrice e sfascista, illudendosi di beneficiare di un po’ del vento, della corrente. Invece di fare argine ad essa. Tra il pentimento deI Pd che insegue i 5 Stelle e il modello originario, il destino di Martina è l’ectoplasma.
Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare. Ha lavorato nel Gruppo Finmeccanica e in Ansaldo nucleare. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro delle Attività Produttive tra il 1996 e il 1999. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro dei Trasporti dal 1999 al 2001. Consigliere del Ministro dello Sviluppo Economico per le politiche industriali tra il 2006 e il 2009.